Nessun fallimento: niente è definitivo. Torno in Italia.
Cinque anni fa decisi di lasciare in modo definitivo l’Italia.
In realtà, non ci sono mai stata in modo fisso: dopo l’università iniziai a lavorare in progetti di sviluppo per Ong e Istituzioni e, così, ho sempre viaggiato per il mondo facendo base a Roma.
Volevo andare via dall’Italia da quando avevo 12 anni. All’epoca, quando ancora non esistevano né cellulari né internet e prendere l’aereo era un lusso per pochi, il mio sogno era di andare a vivere a Londra.
Troppo giovane però, e allora speravo nella possibilità di qualche viaggio-studio estivo, ma i miei genitori non sono mai stati d’accordo a mandarmi all’estero. Così, appena ho potuto, ci sono andata con le mie risorse.
L’Italia mi è sempre stata stretta come mentalità, per tanti motivi:
- è bigotta e non va mai verso il futuro ma, al contrario, distrugge le conquiste passate;
- la presenza del Vaticano si fa sentire, eccome;
- non dà valore ai giovani e li guarda sempre con sospett;
- se i tuoi genitori non ti aiutano economicamente quando ne hai bisogno, non ce la fai ad andare avanti;
- per accedere ad un colloquio devi avere i contatti e neanche lo guardano, poi, il tuo curriculum, ma ti chiedono semplicemente di chi sei figlia.
Tutto ciò crea frustrazione perché la realtà è piena di persone umili, in gamba, figlie e figli di nessuno che da sole e da soli hanno fatto grandissimi sforzi per crearsi una propria professionalità contro una società classista che si basa sulle conoscenze, sui privilegi ed i favori. Non funziona niente in Italia: dalla sanità, ai trasporti, agli uffici e tutto il resto. E’ un vero disastro.
Stanca di questa situazione, stanca di guadagnare il minimo per sopravvivere, nonostante un buonissimo CV e assai frustrata, decisi di andarmene.
Dopo aver vissuto, ma solo temporaneamente per lavoro o per lunghe vacanze, un po’ ovunque nel mondo, scelsi, dopo un anno e mezzo di viaggi, la città che più racchiudeva le caratteristiche del luogo che mi interessava: una dimensione medio grande, mare, buon clima e la lingua che già parlavo bene.
E’ in questo modo che ho scelto Barcellona.
A parte un difficile periodo iniziale in cui non trovavo nulla ed in cui feci la cameriera schiavizzata, trovai, dopo cinque mesi, un lavoro a tempo indeterminato e ben pagato.
Con tale lavoro ho avuto la possibilità di andare a vivere da sola, cosa che desideravo da sempre, di avere un mio nido dove tornare la sera, chiudere la porta e isolarmi dal mondo rumoroso. A quel punto, ho provato ad inserirmi in tutti i contesti culturali che mi interessavano, come ho sempre fatto ovunque.
Ho provato ad avere un gruppo di amici con cui organizzare cose semplici ma belle, genuine. Frequentato locali di concerti, come ho sempre fatto da quando avevo 13 anni, per conoscere persone affini ai miei interessi. Inviato CV per lavorare in ambiti che mi rispecchiavano di più: dalla cultura, alle organizzazioni di diritti delle donne, alle ong e simili. Tentato anche di conoscere qualche uomo interessante con cui, chissà, instaurare una relazione.
Risultato: nessuno.
Sono stati i tre anni e mezzo più solitari e più deludenti della mia vita.
E non me ne capacitavo: io, che ho sempre avuto milioni di amici, che ho sempre posseduto una facilità innata di fare amicizia, che ho sempre trovato i miei luoghi da frequentare ed i progetti di cui far parte.
A New York, Roma o Buenos Aires mi son sempre divertita ed ho sempre riso tantissimo. Ma qui mi son ritrovata sola e inadeguata.
Era tutto nuovo per me: lo stare così soli e sentirsi delusa. A me piace stare sola, ma una cosa è starci perché lo si vuole e poim quando uno ne ha voglia, chiama gli amici e rompe la solitudine. Altra cosa è lo stare soli forzatamente. E’ stato molto brutto. Alla fine mi ci sono abituata, non avevo nessuno con cui uscire, nessun evento che mi incuriosisse, nessun progetto interessante in cui sentirmi pienamente coinvolta. Ho iniziato a fare altre cose: corsi, partecipare a workshop di psicologia, fare sport, etc..
Dopo tre anni e mezzo, mi sento molto più forte rispetto ai tempi del mio arrivo a Barcellona.
Mi rendo conto che la solitudine mi ha permesso di dedicare del tempo prezioso alla conoscenza di me stessa: credo e spero di aver risolto nodi legati ad esperienze passate, familiari soprattutto, che mi impedivano di essere serena dal di dentro.
Ho capito tantissime cose di me stessa, cose che non avrei mai capito prima, stando sempre con tanti amici e non avendo mai tempo per riflettere così seriamente su questioni molto intime.
Adesso mi sento una donna forte, saggia e pacifica.
Ringrazio Barcellona per questo ma, dopo tre anni e mezzo, è ora di accettare la realtà, prendere ciò che di buono mi ha dato questa esperienza, lasciarla andare e ricominciare.
E’ tosto, è difficile ammettere a 41 anni che ancora non si è trovato quel tipo di stabilità, quella casa dove tornare e sentirsi bene.
A volte essere italiana mi sembra una condanna, perché sento dentro che sono italiana, e mi rendo conto, dopo aver viaggiato e vissuto fuori per anni, che siamo un popolo speciale, nonostante tutto, ma che il nostro Paese è medioevale ed è un vero e proprio disastro.
Per cui, dopo un anno in cui negavo l’evidenza, molto probabilmente perché avevo trovato una zona di confort che l’Italia non mi aveva mai offerto e cioè un lavoro ed una casa – due cose normalissime e soprattutto che merito totalmente – ho ammesso con me stessa che quel posto non era per me.
Non ero nel contesto giusto, non mi sentivo Michela.
Difficile ammettere che una città dove tutto funziona in modo eccellente, per mille altri motivi non fa per me e decidere di chiudere baracca.
Arduo lasciare il lavoro, che in ogni caso non era quello che avrei voluto fare nella vita ma che mi aveva dato da vivere per anni, lasciare la casa e ricominciare.
Ma non me ne vado con un brutto ricordo di questa città, anzi, la ringrazio per avermi fatto aprire gli occhi su molte questioni.
Rispetto a quando sono arrivata, mi conosco molto meglio ed ho le idee molto più chiare di cosa voglio.
Essere una donna sola, single, ha i suoi pro e contro: ci si può muovere liberamente, si hanno mille possibilità ma, allo stesso tempo, non ce n’è nessuna di concreta.
Per cui è necessario focalizzarsi, partendo dagli errori passati, e capire cosa è mancato in questi anni e quanto per te è importante, in modo tale da stilare una scala di priorità.
Mi sembra abbastanza ridicolo e paradossale pensare che, da quando ero piccola, volevo andarmene dall’Italia e adesso ci sto tornando.
Io che, basandomi sulle mie esperienze pregresse di vita in altri posti per brevi periodi, pensavo di farmi una nuova vita all’estero con facilità e, invece, non ci sono riuscita. Probabilmente sottovalutavo alcuni fattori, o non ho scelto la città giusta o semplicemente ero troppo carica di aspettative. Non lo so e non lo saprò mai.
Molto spesso mi chiedo come sarebbe andata se avessi scelto un altro luogo, ma cerco di non pensarci troppo e di accettare la realtà. Forse Barcellona non era il mio posto, forse doveva andare così, forse dovevo capire delle cose di me stessa che solo stando qui in questa condizione ho avuto modo di capire e lavorarci su. Forse dovevo andarmene per capire cosa avevo lasciato.
Una cosa è certa: torno in un paese che sta andando a rotoli sempre più, e che sta molto peggio di quando me ne sono andata.
Mentalmente, ho provato anche ad identificare altri posti dove potermi dirigere ma, a 41 anni e da sola, non ho più voglia di ricominciare tutto da capo.
Così mi prendo un periodo in cui spero si delineeranno le linee giuste del binario da seguire.
Ho deciso di smettere di fare piani a tavolino e controllare i passi della mia vita; ho deciso di smetterla di pianificare tutto perchè a volte è meglio ascoltare i segnali che l’universo ci offre e seguirli, senza andare contro corrente, senza forzare gli eventi.
Credo che ognuno di noi è fatto a modo suo e ha bisogno di determinate cose per sentirsi bene. Io ho bisogno di sentirmi parte di qualcosa in compagnia di persone che mi vogliono bene e con cui poter avviare progetti insieme.
Molto spesso sento nella testa mille quesiti e rimproveri che si intrecciano : “dovevi rimanere a NY. Dovevi andare a Berlino, molto più simile a te che Barcellona. Dovevi perseverare in quel talento. Non dovevi lasciare il lavoro in Argentina. Hai fatto tutte scelte sbagliate. Ora cosa stai facendo? Fai bene? Fai male? Dove vai? Cosa farai?”
I dubbi son cosi tanti che ho deciso semplicemente di agire per piccoli passi, di pensare che nessuna scelta è definitiva e vedere come vanno le cose avendo più chiaro, ora, cosa non voglio e cosa voglio.
Ho imparato tanto da questa esperienza, ho imparato a vivere senza aspettative, ho imparato ad essere meno giudice di me stessa.
Credo che ho caricato questa città di troppe aspettative e non l’ho vissuta in modo del tutto rilassato e che tutto è stato un concatenarsi di eventi.
E’ certo che ho provato ad inserirmi in situazioni con tutta la positività possibile e che ho trovato porte chiuse davanti a me, ma in questo caso bisogna accettare la realtà e non caricarla di energia negativa.
Il vero errore non è quello di averci provato e non aver avuto le risposte desiderate, ma è stato di innescare il pensiero negativo.
Il nostro cervello è settato su regole imposte da una società che ci mette sotto pressione e che fondamentalmente ci boicotta, e iniziare a pensare negativamente non fa altro che scatenare un circolo vizioso buio dove non entrerà niente di buono.
Ho capito che devo imparare a vivere più giorno per giorno e che se una cosa non fa per me, semplicemente accettarlo e agire di conseguenza, senza né forzare la mano né caricarla di troppa pesantezza mentale.
Una parte di me ha pensato molte volte al fallimento, ma poi la parte di Michela ben cosciente del fatto che che viviamo in una società piena di etichette e regole aventi solo lo scopo di frustrare e intrappolare l’essere umano, si è detta: “niente è un fallimento, dalle esperienze tutto si impara, è il cammino che conta, il cammino per conoscere se stessi“.

dav
Chi sono
22 Commenti
Che buffo…appena rientrati a Vienna dopo una decina di giorni di Barcellona, l’avevo eletta come città che mi piacerebbe vivere. Adesso dopo una settimana nel grigiore viennese mi rendo conto che “casa” è qui.
Ciao Daniela, allora sentiti fortunata di averla trovata!! un abbraccio
Stesso percorso, paesi e strade diverse! Segui la corrente, vedrai che sarà la vita a venire da te! In bocca al lupo!
Crepi!! Grazie Chiara!!! Spero che sia davvero come tu dici!! un abbraccio
Ciao Michela, ciò che tu chiami fallimento, io lo chiamerei opportunità! Hai avuto la possibilità di vivere un’esperienza che sicuramente ti ha fatto maturare un’idea, cioè quella che quella città non è più per te. Mi pare di capire che sei uno spirito libero e come tale, rimanendo legata ai problemi pratici del vivere (lavoro, casa, burocrazia varia), puoi scegliere di fare la tua prossima mossa in autonomia.
I “se avessi” non hanno importanza perché non saprai mai come sarebbe potuto andare. Vale la pena dirigere le energie sul presente, su ciò che vuoi ora e puoi realizzare. Se l’Italia in questo momento ti dà l’opportunità di riflettere, ben venga! Capisco la tua voglia di “non “ ricominciare da capo (la sto vivendo anche io) ma è pur vero che questa cattiva volontà si tramuterà in entusismo quando valuterai una nuova esperienza, che sia in Italia, fuori, sola o in compagnia! Vivi con serenità.
<3 Grazie Marilena, il commento ideale!
13 anni a Bcn, poi 6 in Uk, 6 mesi Australia ed una voglia indescrivibile di tornare in Catalunya,dove mi son sentita a casa x anni. Ora dopo 7 mesi e tanta stanchezza valuto ritornarmene in Uk,per le possibilitá lavorative….Ecco non sei sola,ovunque porti la vita…bel post,condivido appieno le tue parole!
Viviamo in un’epoca di tante scelte e possibilità che alle volte ha il suo lato controproducente…lavoro o casa?? io ho scelto il sentirmi a casa…spero che poi tutto fluisca, anche il lavoro!! Grazie ed in bocca al lupo anche a te!
Quanto ti capisco!
Grazie Sara, non sei sola !
Ciao!Hai mai pensato che questo cambio di rotta forse è dovuto perché insoddisfatta da un punto di vista lavorativo? È una domanda che mi faccio di riflesso anche io; sono a LDN e dopo 5 anni me ne voglio andare.
Mi rivedo molto nelle tue parole.. quantI weekend da sola,quante passeggiate da sola,quanto silenzio e pagine di libri lette per colmare! ho pensato che forse non sono io ma il contesto in cui mi sono cimentata lavorativamente ,che assorbe il 70% del nostro tempo,dove non ho soddisfazione e dove non trovo persone affini alla mia personalità ed interesse. Mi piacerebbe sapere le tue ed altre opinioni a riguardo.
E tra parentesi… pensavo appunto di trasferirmi a Barcelona per riniziare in un paese più vicino alla mia personalità, proprio come te, pensando che magari questo mi stimoli di più e soprattutto sperando di trovare la il mio nido; ma dopo aver letto il tuo post mi sono venute a galla mille altre domande e paturnie.
Nel frattempo ti auguro un Buon rientro.
Ciao Laura, si, chiaro è stato tutto un insieme…ma ogni storia è differente e allo scoccare dei miei 40 anni mi son chiesta se aveva senso investire da sola in un posto dove sarei invecchiata da sola senza calore umano intorno a me…sicuramente il lavoro ha fatto la sua parte ma son sicura che Barcellona non era il posto per me anche dal punto di vista umano e della città in sè…alla fine ognuno ha la sua storia e le sue esigenze, per cui non mi sento di dire a nessuno che Barcellona non vada bene…dipende anche molto da cosa hai lasciato qui…io ho una “famiglia” (non di sangue) favolosa con cui condivido gli stessi interessi e con cui posso portare avanti progetti interessanti..quindi non so, magari per te Barcellona va bene…è tutto soggettivo! un abbraccio e grazie per l’augurio 🙂
Ciao Michela,
vivo a Barcellona da più di 10 anni e il mio rapporto si alterna tra odio e amore, ma anche io, nonostante i tanti anni, mi rispecchio moltissimo nelle tue parole. Le persone fanno di un posto casa e non per strani motivi da Barcellona, per quanti attiri sempre orde di nuovi expa, da qui le persone finiscono sempre per andarsene, almeno nel mio caso. Nonostante i tanti anni vissuti qui mi ritrovo a passare sempre più momenti da sola…soprattutto ora che ho perso il lavoro e sto riflettendo sul futuro e come te qui’ vedo un futuro da sola e senza la possibilità di “costruire” qualcosa di solido dove poi tornare. Sempre più donne italiane e non che mi circondano pensano di lasciare e/o stanno o hanno lasciato, tutte con le stesse motivazioni…e di nuovo ricomincia a cercare amiche affini a te. In realtà la scelta di tornare in Italia l’ho già preso, manca il coraggio di metterla in pratica, soprattutto senza un progetto concreto. Ogni tanto penso alla Barcellona degli inizi e scatta la nostalgia, un po’ meno luna park, meno cara, turistica ma non come adesso e alle persone che si incontravano e si univano…ora sta prendendo sempre più le fattezze di una Londra ma senza quelle opportunità lavorative che offrono altre grandi città. Forse sarà tutto soggettivo, ma mi chiedo perchè siamo così in tante a sentirci così? Intanto ti auguro il meglio per il tuo rientro!!!
Ciao Katy, capisco perfettamente. Siamo tante a sentirci cosi perché Barcellona è una città con molta poca anima, la sta perdendo molto e sta facendo sempre più spazio alla superficialità e poco all’autenticità. I motivi sono vari: dal tipo di turismo che arriva, di massa, di gente che viene per divertirsi, alla società catalana abbastanza chiusa, e a mille altri motivi. Io ti dico che non mi ero mai sentita cosi, e son sicura che Barcellona ha fatto la sua parte , perché sono una persona molto socievole e che si butta in mille cose. Per me rimanere lì, significava perdere la mia essenza, mi ero chiusa troppo, per cui torna se non stai bene, il progetto concreto arriverà. e poi se anche torniamo a casa non è detto che dobbiamo restarci, ma intanto sapere ciò che NON ci piace, è importante per prendere decisioni. In bocca al lupo ed un abbraccio!
Bello…io 11anni a Barcellona e spero ancora che un giorno,non troppo lontano possa ritornare in Cina a riprendermi un pezzo di cuore, a riprendermi la passione per le cose,l’entusiasmo, la speranza, la voglia di spaccare il mondo…forse allora ero giovane,forse adesso è questa città che mi spossa,forse la gente, o forse tendiamo a idealizzare troppo certe situazioni e poi quando ci ritroviamo dentro scopriamo che non sono poi cosi “guay”….una cosa è certa: mi mancherai un sacco!!!
ho letto Lux, ho letto Cina e mi son detta: ma è la mia Lu??? tesoro, tvb <3
Hai fatto una bella esperienza e andare fuori a 38 anni (se ho capito bene, è quando sei andata a vivere a Barcellona) non è affatto facile. Anzi. Cmq…i Paesi Nord Europei sono 3 volte “peggio” di Barcellona in quanto a solitudine, cultura e lingua completamente diverse dalle nostre (vivo in Olanda da 5 anni). Quindi tutto dipende da dove, come e quando (almeno credo).
Dai..Hai fatto la scelta di tornare in Italia..impegnativa, ma hai sentito di farla. Vedrai che se eri così motivata per il tuo rientro riuscirai a costruire qualcosa di bello anche qui.
Io il contrario, Mi sono imposta di tornare in Italia…con gli anni che avanzano ho avuto paura di non essere “conforme”.
Mai scelta fu più nera mi sento qui come ti sentivi tu a Barcellona.
E a quasi 50 anni no è facile tornare indietro ..in quell’indietro.
Buona Vita
Non penso sia per Barcellona come citta’, penso che l’Italia ha bisogno di te e ti rivuole!!!!buona fortuna e grazie per condividere la tua esperienza. Nn so come mai sono andata a finire nel tuo articolo. Potresti aiutare donne straniere in italia a sentirsi meno sole !!!!!!
Sono rientrata da poco in Italia, dopo 7 anni all’estero, per tutti motivi di cui parlate anche voi. Ho vissuto in posti meravigliosi (era cio che cercavo) ma con quella sensazione profonda di orfana. Al ritorno, dopo un grande entusiasmo iniziale, ho ricominciato a sentirmi orfana della nuova persona che sono e della famiglia che ho costruito per strada, senza nemmeno accorgermene. Ora, da sei mesi in quell’Italia che avevo lasciato, delusa e ammaccata, mi ritrovo in un Italia peggiore. Consapevole e rassegnata… E Mi chiedo se ripartire 🙂 e poi chissa tornare…
Ad ogni viandante il suo cammino! Seguirlo non é mai un errore, ne un fallimento, é solo viaggio.
Buon vento Michela!
Ciao Ari, non sai quanto ti capisco..anche io mi sento un pesce fuor d’acqua e orfana in entrambi i posti..credo che chi si accinge a lasciare il suo luogo di nascita per pura insofferenza, quando è fuori sente la mancanza perché magari non è stata una scelta del tutto ” libera” ma forzata dagli eventi ( quelli di cui parlavo nel mio articolo), ma quando torna ha di nuovo di fronte tutti quei motivi che l’hanno spinta ad andarsene e li regge ancora meno, ed in piuù ( almeno nel mio caso) mi ero cosi abituata a stare sola e ad uno stile di vita più meritocratico e civile, che è tosta riadattarsi. Per quanto mi riguarda, non so se rimarrò in Italia, forse tornare serve anche a capire che non si è più le stesse di quando siamo andate via. Un abbraccio ed in bocca al lupo!
Molto bello questo articolo. Mi ci ritrovo in pieno, le uniche differenze di nemmeno poco conto è che io sono stato “costretto” ad andarmene dall’ Italia, perchè di fatto l’unica possibilità di avere una stabilità economica è proprio quella. Andarsene. Sono da poco in Francia, con un buon lavoro, un buon contratto, un buon salario, ma ogni giorno che passa mi rendo conto che è sempre più difficile rimanere in piedi. La lontananza dalla famiglia, dalla mia terra, pesano come macigni. Ho la possibilità di rientrare a casa ogni tanto ma è come se mi sentissi perso, nè di là nè di qua, con quella bruttissima sensazione di non appartenere a nessun posto. E’ dura ammetterlo, durissima perchè lo vedo come un fallimento personale, ma quando diventa solo una lotta di resistenza quotidiana, forse non ha più molto senso.