“Non andiamo in Panico!”
In questo periodo di crisi a causa del Nuovo Coronavirus – Covid-19, che è diventato Pandemia Mondiale con la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 12 marzo 2020, vi sono parole e frasi che ondeggiano nell’etere e nell’aria con troppa facilità. E, spesso, queste sono pronunciate senza la dovuta attenzione a tutti i potenziali significati che esse diffondono.
Una di loro è: “Non andiamo in panico!”
Questa cantilena mi ridonda nelle orecchie da più di 5 settimane.
Viene ripetuta da persone il cui atteggiamento, talvolta, sembra essere: di sufficienza, come se, in questa situazione, il loro comportamento fosse il più corretto in assoluto da tenersi; di insegnamento, dall’alto della loro sapienza e di virtuoso controllo di sé, come se gli altri fossero tutti persi o disperati nell’oblio.
Per cui, in una frase qualsiasi sull’argomento Covid-19, questi saggi o saccenti, ogni due parole ammoniscono: “Non andiamo in panico!”
Si tratta del nuovo intercalare entrato di moda con questa inaspettata influenza, da loro ritenuta una mera influenzuola sin dall’inizio. Pronunciato con quel fare sbruffoncello, indirettamente, vorrebbe insinuare un messaggio subliminale di educazione su come è bene atteggiarsi di fronte al virus e, in definitiva, alla vita stessa.
Ma di fatto, quell’arroganza è direttamente percettibile.
Una realtà sottostimata?
All’inizio, il ronzio fastidioso di questo “Non andiamo in panico!” l’ho scansato dalle orecchie con un semplice gesto della mano, esattamente come si fa con una mosca irritante durante una calorosa giornata estiva, quando questa è determinata a disturbare proprio mentre si vorrebbe soltanto starsene in pace.
A distanza di più di un mese però, questa persistente tiritera ha cominciato a indispormi: da Singapore all’Italia, infatti, ha inneggiato nella bocca di molti. E queste persone, svuotando il messaggio del suo vero significato, hanno continuato indisturbate a svolgere le loro attività ludiche e lavorative per tutto il periodo, minimizzando la potenziale complessità di una condizione virale che inizialmente era sconosciuta.
Un comportamento, a ragion del vero, che è stato generalizzato in buona parte d’Europa e del mondo, con una sottostima degli eventi che in questi giorni ha allarmato la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
La realtà nascosta del “Non andiamo in panico!”
E’ ancora difficile capire cosa sia realmente successo nel mondo e come mai la Cina abbia lanciato un così grave allarme se, come sostengono alcuni, questo virus non è così grave.
Di fatto, ciò che si nasconde dietro all’antipatico “Non andiamo in panico!” è l’aberrazione di un comportamento di arrogante superficialità che, per interessi personali, è tanto sbagliato quanto quello di chi in panico ci è andato veramente, dimenticando il buon senso!
Analizzando più da vicino è interessante osservare come il “Non andiamo in panico!” non parli soltanto di mera superficialità. Dietro all’apparente sicurezza di questi saputoni è la paura a farla da padrona: la stessa di cui si accusano gli eventuali impanicati. La stessa paura che è così umano provare.
Gli apparenti superficiali, quindi, non riescono a guardare in faccia la realtà perché essa può portare con sé disagi, paventare privazioni a cui proprio non si vuole rinunciare, oltre che realizzare che si è potenzialmente esposti a rischi che nessuno vorrebbe vivere.
Ma, proprio in una situazione sconosciuta e di emergenza come è apparsa essere questa, il “Non andiamo in panico!” pronunciato anzitempo e con quel brutto atteggiamento, rimane decisamente una frase fuori luogo e, addirittura, può rasentare l’offensivo quando la persona che la sente pronunciare, di fatto, non si trova in uno stato di panico.
Ma non è finita qui. I cantori del “Non andiamo in panico!”, uomini o donne che siano, intonano il meglio di sé quando diventano quasi accusatori, enfatizzando la frase con intenti mortificanti contro chi, pur essendo in uno stato di assoluta calma, mostra un atteggiamento di seria considerazione all’evento.
Osservazione, analisi e disciplina.
Ebbene, l’osservazione e l’analisi della situazione, e la disciplina, non sono una reazione di panico, ma bensì la ricerca di una visione del problema in corso e la speranza di trovare informazioni plausibili che possano aiutare a spiegare e reagire alle cose.
Per quel che mi riguarda, queste caratteristiche e, successivamente, la capacità a rinunciare, assieme alla ligia ubbidienza delle linee guida (se impartite da persone o enti competenti ed eticamente rispettosi del paese e della popolazione), sono doti di chi ha senso di coscienza e di responsabilità, amore per se stessi e per il prossimo. Punto.
La mia reazione al Nuovo Coronavirus – Covid-19.
All’inizio di Febbraio 2020, nessuno capiva cosa implicasse l’allora Nuovo Coronavirus – 2019-nCoV.
Io mi trovavo a Shangai nell’ottobre 2019, giusto poco prima dell’allarme lanciato dalla Cina. Alla luce di queste considerazioni, assieme all’insorgere delle immediate direttive del Governo di Singapore, anche io mi sono spaventata e non ho esitato a chiedermi: “Ma da quanto tempo esiste veramente questo virus, e quanto è letale?”. Nessuno, credo, sapesse rispondere in quel frangente, perché si trattava di una situazione inedita che viaggiava sulla schiena del ricordo della pericolosa SARS e, forse, ancora oggi non esistono risposte definitive.
Ma davanti a quel vuoto oscuro, di fronte a quell’ignoto spaventoso, che davvero poteva essere molto più pericoloso di quanto, apparentemente, non sia risultato oggi, non mi sono messa né ad urlare in panico né tantomeno a sbeffeggiare un superficiale: “Non andiamo in panico!”.
Davanti a una situazione così seria, così tanto più grande di me, io mi sono irrigidita in un severo rigore.
Soldato, donna e madre.
In quel rigore mi sento come un soldato in assetto di guerra, o forse una donna e una madre in stato di emergenza, non lo so più neanche io. Certamente non ho mai vissuto quello stato confusionale che non fa più ragionare alcune persone.
La mia grande paura è schiacciata da rigida fermezza e tagliente lucidità. Un sangue freddo e dei nervi saldi che mi rendono pronta ad una immediata azione qualora fosse necessario.
Con i due messaggi alla Nazione, il Primo Ministro Lee Hsien Loong ha esposto a Singapore le direttive del Governo con logica, chiarezza, efficienza, serietà e rispetto per le persone. Io tutt’ora eseguo senza discutere, è il mio senso di responsabilità, e sono grata di avere alle spalle un Governo in cui credo, assieme a tutto il suo popolo.
La domanda, piuttosto, che mi sorge spontanea nell’epoca della globalizzazione è: come mai non esiste ancora un piano generale fra tutti i Governi del mondo per affrontare una pandemia del genere? Visti i precedenti, la situazione, paradossalmente, è quasi scontata.
Parlo, di un comportamento univoco e strategico dal punto di vista sanitario ed economico, a cui tutti dovremmo fare riferimento per il vero bene universale. È questa, quindi, una delle analisi e proposta che col “Post-Covid-19” vorrei fosse portata al mondo dai Grandi. Perché nel mondo globale noi viviamo insieme e, insieme dovremmo superare certe avversità.
Di cosa siamo certi oggi?
Oggi, è finalmente appurato che il Covid-19 non ammazza quanto la SARS.
Ma è altresì vero che l’influenzuola ha sufficientemente fermato e piegato il mondo a livello sanitario, economico e forse anche psicologico, oltreché portare morti che forse si potevano risparmiare. E non voglio sentire nominare la media dell’età dei deceduti: non sono quelli i parametri con cui io do valore alla vita!
Viene asserito che questo pandemonio sia stato solo un errore di panico o di valutazione della Cina.
Ebbene, tale affermazione non ha alcuna importanza in questo momento. Ciò che davvero ha importanza è che l’accaduto di questo incredibile evento, nel suo complesso, dovrà essere ricordato e dovrà insegnare più di una cosa al mondo! Altrimenti, saremmo tutti qui per un inutile giro di giostra…
E alla fine, in questi giorni all’improvviso, i “Non andiamo in panico!” di turno hanno smesso di cantare.
Si saranno per caso chiesti cosa sarebbe potuto accadere se questo virus novello, oltre a diffondersi con la sua attuale velocità, fosse anche stato molto più letale?
Due emergenze diverse, due simili comportamenti.
Il mio comportamento così ligio al dovere mi riporta ad un’altra diversa vicenda che, in qualche modo, rivela delle analogie di comportamento. Si tratta di una brutta storia che ho vissuto qualche anno fa: la Sindrome di Kawasaki che colpii mio figlio e di cui si può leggere l’articolo qui https://donnecheemigranoallestero.com/malattie-rare-sindrome-kawasaki/.
Mio marito si trovava in viaggio di lavoro. Io ero sola col bimbo piccolo che urlava con pianti irrefrenabili mentre la febbre incandescente gli tuonava fuori dal corpo.
All’epoca, dai “Non andare in panico!” di turno mi sentii dire: “Non preoccuparti, è sicuramente una febbre virale, fagli dei bagni freddi e passerà.”
Ma, allora come oggi, mi lasciai scivolare quelle parole da un orecchio all’altro e, senza indugio, portai il bimbo prima in una clinica. Poi, insoddisfatta, in un altro ospedale dove sorsero dei sospetti. Infine, in un terzo ospedale dove, un bravo medico, ascoltando con attenzione le mie osservazioni, individuò questa malattia gravissima a me sconosciuta: la Sindrome di Kawasaki.
Col bambino stremato in braccio, e le sue urla nelle orecchie che erano fendenti nel mio corpo, io ero in assetto di guerra, contro il tempo e per la vita. Io ero il soldato e la madre determinata a fare di tutto per capire cosa stesse succedendo.
La mia terribile paura era annientata, assieme al mio panico, dal raziocinio e dalla consapevolezza che non potevo fermarmi, perché ciò che aveva il mio bimbo non sapevo cosa avrebbe potuto comportare.
Non urlavo, non parlavo più del dovuto, e la calma (almeno apparente) era la base della mia feroce determinazione. Anche la mia concentrazione sulla lingua inglese era vivida, per favorire messaggi brevi e chiari e per comprendere i medici nei loro gerghi. E, infine, ho abbandonato quello stato di tensione solo 6 giorni dopo, quando il bambino era ormai stato salvato.
Resilienza
La mia attenzione, quella determinazione e la tempestività d’azione usate per schiacciare la paura non erano panico, erano resilienza, la grande forza di volontà per non mollare, per non sottovalutare le circostanze e per cercare di agire nel miglior modo possibile: io, inizialmente sola, davanti a un male sconosciuto.
Ma nonostante tutto, e pur di asserire il tanto amato “Non andiamo in Panico!”, da qualcuno con un atteggiamento davvero superficiale e completamente fuori luogo, in seguito mi sono sentita dire che mio figlio non aveva avuto la Sindrome di Kawasaki: nonostante gli eventi, nonostante i documenti, nonostante le cure di specialisti eccezionali nel miglior ospedale di Singapore, nonostante tutto quello che anche io avevo passato.
Ebbene, semplicemente, io non posso più discutere con quel tipo di persone.
Come non posso discutere con tante altre riguardo all’attuale Nuovo Coronavirus – Covid-19, dov’è sorto e come si è diffuso, fra le altre cose.
Oggi, molti “Non andiamo in panico!” sono segregati in casa e anche loro possono contribuire alla risoluzione del problema con la loro buona condotta, finalmente.
E le persone nel mondo, generalmente così distanti, si sentono tutte incredibilmente più vicino.
Estratti e Riferimenti
Estratto dal secondo messaggio alla Nazione
del Primo Ministro Lee Hsien Loong del 12 marzo 2020
“…Sto condividendo questi piani con voi per rassicurarvi che abbiamo sotto controllo la situazione e che pensiamo al futuro. Stiamo anticipando le conseguenze mediche ed economiche e sono fiducioso che possiamo gestirle.
Ma ciò che è anche critico, è l’aspetto psicologico di questa lotta.
I singaporiani stanno incoraggiando tutti i lavoratori del personale in prima linea.
Il governo, da parte sua, è stato aperto e trasparente con i nostri piani.
Quando abbiamo fatto appelli diretti ai singaporiani, le persone hanno accettato le nostre rassicurazioni. Sono grato che la maggior parte delle persone risponda con calma e responsabilità. Grazie per la fiducia e per il supporto.
I risultati di Singapore hanno ricevuto riconoscimenti internazionali.
Alla base di questo c’è la resilienza sociale e psicologica della nostra gente.
Ciò che rende Singapore diversa dagli altri Paesi è la fiducia reciproca, la sensazione di essere tutti insieme e di non lasciare indietro nessuno. Questo è SG United. Siamo SG United.
Rimarremo in questo stato ad alto rischio, tuttavia, per qualche tempo a venire.
Ma se manteniamo la guardia e prendiamo precauzioni pratiche per proteggere noi stessi e le nostre famiglie, saremo in grado di mantenere la nostra economia in corso e andare avanti con la nostra vita quotidiana.
In una crisi del genere, ognuno ha un ruolo da svolgere.
Spero che lavorerete con me e con i miei colleghi, per proteggere le nostre famiglie, proteggere Singapore e andare avanti insieme.
Grazie.”
#sgunited – sgunited.gov.sg – www.gov.sg – moh.gov.sg
Estratto dal Ministero della Salute Italiano
http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5337&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto
“…I coronavirus sono comuni in molte specie animali (come i cammelli e i pipistrelli) ma in alcuni casi, possono evolversi e infettare l’uomo, per poi diffondersi nella popolazione…
…In particolare, quello denominato provvisoriamente 2019-nCoV, non è mai stato identificato prima di essere segnalato a Wuhan, in Cina nel dicembre 2019.
Nella prima metà del mese di febbraio l’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV), ha assegnato al nuovo Coronavirus il nome definitivo: “Sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus 2” (SARS-CoV-2)…
…Secondo questo pool di scienziati il nuovo Coronavirus è fratello di quello che ha provocato la Sars (SARS-CoVs), da qui il nome scelto di SARS-CoV-2. Sempre nella prima metà del mese di febbraio (precisamente l’11 febbraio) l’OMS ha annunciato che la malattia respiratoria causata dal nuovo Coronavirus è stata chiamata COVID-19.
La nuova sigla è la sintesi dei termini CO-rona VI-rus D-isease e dell’anno d’identificazione, 2019…”
Estratto da European Centre for Disease Prevention and Control
https://www.ecdc.europa.eu/en/novel-coronavirus-china
“Alla fine di dicembre 2019, le autorità cinesi della sanità pubblica hanno segnalato diversi casi di sindrome respiratoria acuta nella città di Wuhan, provincia di Hubei, Cina. Gli scienziati cinesi hanno presto identificato un nuovo Coronavirus come principale agente causale.
La malattia è ora indicata come malattia di Coronavirus 2019 (COVID-19) e il virus causale è chiamato sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus 2 (SARS-CoV-2). È un nuovo ceppo di Coronavirus che non è stato precedentemente identificato nell’uomo in precedenza.
Lo scoppio iniziale a Wuhan si diffuse rapidamente, colpendo altre parti della Cina. I casi sono stati presto rilevati in diversi altri paesi. Focolai e gruppi di malattie sono stati osservati da allora in Asia, Europa, Australia, Africa e nelle Americhe.”
Chi sono