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Noor

di Susanna Delhi
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Noor

Breve storia della mia prima battaglia persa con l’India

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L’India sta cambiando molto, troppo lentamente.

Mentre scrivo, sono le 4 del mattino e stavolta non sono sveglia perché devo dare il biberon alla mia bambina, ma perché è l’altra piccola di casa a non farmi dormire.

L’altra piccola è la babysitter di mia figlia: Noor, diciotto anni compiuti da poco, proveniente da un piccolo villaggio del distretto di Calcutta, nota a molti come la città della gioia.

E forse Noor un po’ di gioia l’aveva trovata, qui a Delhi.

Tempo prima era venuta a stare da noi, ovviamente mentendo sull’età, fornendo persino documenti contraffatti che attestavano i 18. Non c’è da scandalizzarsi, in India è così: il lavoro minorile è all’ordine del giorno e spesso sono proprio le madri a proporre i figli, anche per tenerli via dalla strada, se non si possono permettere di mandarli a scuola.

Noor è una ragazza semplice, molto dolce, timida; ha studiato fino all’11° grado (in totale sono 12). Capisce l’inglese ed è bravissima con la mia bambina, ma se le chiedi il suo colore preferito o che regalo vorrebbe ricevere per il compleanno, non sa risponderti.

Recentemente è stato il suo compleanno. Le ho regalato dei soldi per scegliersi qualcosa, ed è tornata alla casa paterna per due giorni per festeggiare.

È così che abbiamo scoperto che in realtà era appena diventata maggiorenne. Inutile dire che sto cercando di capire come regolarizzare la sua posizione lavorativa, ma in India reperire l’informazione è più difficile di quanto si possa pensare.

Da quando Noor ha compiuto 18 anni, però, a casa mia si è scatenato l’inferno. L’inferno per Noor e, di conseguenza, per me.

Agli occhi degli indiani le mie reazioni sono esagerate, mi sto impicciando di cose che non mi riguardano, “cose della nostra cultura” mi dicono – “cose sbagliate della vostra cultura”, controbatto io.

È arrivato il momento in cui l’India, come mai prima, mi ha sbattuto in faccia tutta la sua misera e contorta realtà: il matrimonio combinato di una ragazzina musulmana di 18 anni con un tizio qualsiasi, contro la sua volontà.

No, non a casa mia. Non lo posso accettare e non lo voglio permettere.

Sono sola, forse neanche Noor mi comprende perché lei, in questa realtà, ci è nata.

Noor però, inaspettatamente, dice no!

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Si ribella a questa scelta del padre, e quatta quatta torna a casa da noi ma non spiffera una parola. Veniamo a sapere del matrimonio tramite passaparola, tirandole le parole di bocca.

Noor ci racconta tutta la storia; ci informa che ama un altro ragazzo da cui è ricambiata e che, per starle vicino, ha lasciato il villaggio e ha trovato un lavoro vicino a noi. E’ questo, probabilmente, il motivo per cui la famiglia ora spinge per un matrimonio rapido, riparatore.

Ogni giorno, ora dopo ora, arrivano telefonate da ogni dove e da chiunque: un modo per esercitare la pressione sulla colonna vertebrale mentale di Noor, per distoglierla dal ragazzo che ama e piegarla al volere del padre.

Una mattina, la scena davanti ai miei occhi è questa: Noor che impacchetta le sue poche cose e si appresta ad andare dal padre, in segno di accettazione della sua volontà.

Mi sento malissimo.

Tre ore dopo, ancora una svolta.

Noor torna a casa nostra, in lacrime. Ha litigato con il padre che l’ha cacciata di casa, furioso in quanto il ragazzo da lei amato si è permesso di chiamarlo per pregarlo di non darla in sposa al suo prescelto.

Mi sento spezzata in due: da un lato sono contenta che il padre l’abbia mandata via e penso tra me e me bene, ora resta qui, vivrà con noi, lavorerà in un ambiente sano, metterà da parte un bel gruzzoletto, finirà gli studi, magari diventerà qualcuno.

Dall’altro lato, sento forte la sofferenza di Noor che comunque ama il padre; il padre che la vuol dare in sposa, il padre che l’ha mandata via in malo modo.

Potrei scrivere altre dieci pagine sui continui ribaltamenti che questa storia ha preso in casa ma la realtà è che Noor, domenica scorsa, si è sposata.

Con il ragazzo scelto per lei dal padre, un ragazzo di cui non sapeva neanche il nome, con il quale non ha scambiato neanche una parola, e che ha visto per la prima ed unica volta in presenza di una ventina di membri familiari intenti a stipulare termini e condizioni di quello che, a tutti gli effetti, sembra più un contratto che un matrimonio.

Sono frustrata ed arrabbiata per non esser riuscita ad impedire qualcosa che ritengo sbagliato.

Ho un motivo in più per sentirmi lontana dalla mia India, perché il destino di una ragazzina di 18 è stato deciso da altri, perché una nuova generazione nascerà con le stesse, identiche barriere mentali.

Rinviando, ancora una volta, quel fatidico momento in cui l’ormai frase fatta “l’India sta cambiando” avrà un fondo di verità.

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18 Commenti

Tiziana 30/04/2019 - 14:01

Mi ha molto colpito questa storia e speravo fino alla fine…..in un epilogo diverso :(. Purtroppo l’ India da un lato mi stupisce x la modernità (in molte cose, come dinamiche sociali, sono molto simili a noi), in altre e, soprattutto x le caste basse vale questo, è ancora molto arretrata…..come x i matrimoni combinati dalle famiglie. È il “Paese”delle contraddizioni e sempre lo sarà……….. In ogni caso mi è venuto un tristissimo pensiero. In India non di è libere di sposarsi x amore, in Italia non si è libere di lasciarsi (femminicidi ecc) ciò vuol dire che x noi donne…da nessuna parte ancora si è veramente libere di decidere

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SusIndia 02/05/2019 - 06:26

Ciao Tiziana, grazie per il commento. La tua è una giusta considerazione…purtroppo. La libertà mentale è ancora più difficile da conquistare perchè inficiata dalla paura, per ogni cosa, di essere emarginati, abbandonati, di non sopravvivere. E questo perchè non si ha abbastanza fiducia nelle proprie capacità e non si comprende che in realtà, anche se la strada è lunga e tortuosa, è possibile raggiungere l’indipendenza e la consapevolezza del proprio valore. Noor, oggi, pensa: mein kya karoon? cosa farò?
Se sapesse quante cose avrebbe potuto fare….
Nota: lo stipendio di aprile è andato al padre ancora una volta per sposare sua sorella!

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Speranza 01/05/2019 - 07:46

Mi dispiace per la ragazza e per te. Non ha avuto la forza di lottare per se stessa e per le altre. Lo farà qualcun’altra.
Non è detto che starà sempre con questo tizio, chi lo sa cosa le riserverà il futuro, magari scappata’ con l’amato!

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Speranza 01/05/2019 - 07:47

scappera’

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SusIndia 02/05/2019 - 06:28

Improbabile. Sarebbe come sancire la propria fine.
Peggio, in lei si creerà la consapevolezza che è giusto così e va benissimo….ed un giorno sua figlia seguirà lo stesso destino. Ed il dramma, secondo me, è proprio questo….
Grazie per il passaggio

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Giorgia 01/05/2019 - 07:46

ho letto tutto d’un fiato il tuo racconto, mi ci sono immersa come fossi io a scriverlo, e ho sentito tutta la tua frustrazione e rabbia … io auguro a Noor di averti sempre e comunque accanto

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SusIndia 02/05/2019 - 07:04

Ciao Giorgia, grazie per il tuo messaggio.
Non nascondo una certa tensione negli ultimi giorni.
Da quando è tornata, coniugata, sento di essere persino arrabbiata verso di lei.
E’ difficile da spiegare, è come se fossi risentita che abbia scelto una vita di restrizioni per far felice il padre piuttosto che una vita difficile, ma in libertà, che le paventavo io, una perfetta sconosciuta. Ma cosa mi aspettavo?
Ed ora, tutti felici, lei “felice”…tutti tranne me, che sento il peso di una sconfitta a livello personale. Mi sento anche una perfetta idiota nell’aver pensato di poter cambiare il sistema.
Chissà…

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Elena 01/05/2019 - 08:36

Da 8 anni vivo in Svezia. La quantità di persone venute dalle altre culture è altissima… La madre di una mia amica ha lavorato per ben 18 anni nelle strutture sociali con questioni di ragazze (sopratutto minorenni) che affrontano la stessa situazione di matrimoni combinati dai genitori. In tutti questi anni hanno potuto aiutare SOLTANTO 2 ragazze…. Purtroppo è così… I genitori li prendono, viaggiano nel paese d’origine e li fanno sposarsi li. Dopo tornano, il suo marito ottiene i dokumenti per venire in Europa…
Qusta donna non ha potuto più soffrire con tutte queste ragazze ed ha lasciato questo lavoro perché la sensazione di non poter aiutare non la sopportava più…

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SusIndia 02/05/2019 - 07:08

Ciao Elena, grazie del tuo messaggio.
Come capisco ciò che dici!
Eppure, io non condanno il matrimonio combinato in sè, perchè ti assicuro che sono anche i ragazzi a chiederlo ed a riporre fiducia nella scelta dei genitori.
Io – almeno in questo caso -condanno i motivi che stanno dietro a questa forzatura oltre ai tempi in cui si è svolta (18 anni compiuti da 3 giorni!) e soprattutto la modalità di ricatto morale operata dalla famiglia.
Ed infine….quando vado a dormire e ho mio marito e mia figlia accanto, mi ritrovo a pensare….da donna, cosa significa trascorrere la prima notte, fare l’amore per la prima volta, con qualcuno che non avevi mai visto prima di quel giorno, con il tuo cuore pieno di sentimento verso un’altra persona?
Non riesco ad immaginare una cosa simile.

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barbara 01/05/2019 - 13:13

profondo, sentito e capito. ha rinunciato a se stessa, probabilmente debole trovandosi tutta la “famiglia” contro.

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SusIndia 02/05/2019 - 06:30

E così sarà, nei secoli dei secoli….
Un giorno arriverà un’altra Noor, e magari dirà NO, e sarà l’artefice del proprio destino, senza subirlo.
Speriamo

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Chiara - Parigi 03/05/2019 - 18:30

Ciao Susanna,

il tuo racconto mi ha emozionata moltissimo. E’ una storia tristissima, anche io speravo in un diverso epilogo. Non riesco a credere che ancora oggi, nel 2019, in alcune società le ragazzine siano costrette a sposarsi a tutti i costi e addirittura con persone sconosciute. Chiamamola cultura, chiamamola tradizione, ma sono usanze che onestamente non riesco a concepire.
In ogni caso hai trasmesso un bellissimo messaggio scrivendo questo articolo e spero che Noor possa leggerlo un giorno. Credo che abbia trovato un’amica in te e mi auguro che possiate restare vicine, nel bene o nel male.

Un abbraccio

Chiara – Parigi

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SusIndia 06/05/2019 - 09:15

Purtroppo questa è una delle tante storie di giovani donne alle prese con una realtà difficile, definita appunto “tradizione”. Esistono tuttavia anche esempi di questo cambiamento lento ed inesorabile di cui tanto si parla, purtroppo sono sporadici e non sono molto pubblicizzati ed è un peccato perchè potrebbero essere dei veri esempi di emancipazione.
Grazie per il tuo commento
Susanna

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Katia 04/05/2019 - 09:37

Ciao Susanna,

Che pena leggere questa storia vera che tu vivi sotto gli occhi e che è più vera che mai! Speravamo tutte nel leggerti in una favola, una favola che in alcuni Paesi per le donne, le ragazze e le bambine non è ancora possibile. Comprendo e condivido la rabbia e la frustrazione. Come stranieri che si integrano in una terra lontana dalla nostra cultura, viviamo tutti momenti di grande stupore e anche di delusione. Ci sono condizioni che stridono troppo con la logica, la morale, meramente anche la giustizia! Ho conosciuto una ragazza di 19 anni a Chikmagalur dove ho svolto i miei studi di yoga l’anno scorso, che lavorava quieta e timida nell’ashram. La cuoca ci raccontò del suo matrimonio combinato a 17 anni, con un uomo molto più vecchio. Di come la giovane fosse riuscita a salvarsi da un destino infame, nascondendo il telefonino in una posizione dalla quale era riuscita a filmare i ripetuti abusi dell’uomo. Fu un racconto raccapricciante e anche per me una rivelazione triste di come sia ancora oggi invivibile per una grande quantità di ragazze indiane, fare i conti con la propria libertà.

Non so cosa aggiungere perché non conosco da dove possa passare la soluzione se non attraverso i real segnali di ribellione e cambiamento portati avanti dalle singole persone, come nel caso della ragazza che ho incontrato io l’anno scorso. Sappiamo bene che in ultima analisi, il coraggio al cambiamento deve venire da dentro. Non lo possiamo trovare attorno a noi anche se le condizioni favorevoli della vostra baby sitter avrebbero dovuto farle sentire più forza… speriamo solo che sia molto fortunata con questo ragazzo sconosciuto.

Coraggio. Non sei tu la responsabile di questo oltraggio.
Un caro saluto,
Katia

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SusIndia 06/05/2019 - 09:24

Grazie Katia per il tuo commento.
Sì, la soluzione, se di soluzione vogliamo parlare, deve nascere dal proprio IO. Purtroppo, queste persone non sanno cosa sia “IO”, non hanno mai imparato che la loro felicità dovrebbe essere appunto la cosa più importante.
Per dire, io lo vedo che ora lei è “felice” ma di quella felicità imposta, che non è ottenuta nel modo giusto, che è la conseguenza di una bieca accettazione del proprio destino, che non consente discussioni. E’ così e basta, meglio accettarlo subito che combatterlo.
Forse il ragazzo da lei amato non era il suo vero, grande amore, ma perchè non impararlo da sola piuttosto che essere forzata a non scoprirlo?
Dopo tutto, quando ci guardiamo alle spalle, non diciamo sempre che siamo ciò che siamo perchè frutto delle nostre esperienze, cadute e rialzate, rimorsi e pentimenti, errori e passi falsi, così come tutte le cose belle che abbiamo creato, scelto, deciso?
E una vita come quella di tutte le Noor del mondo, come può essere posta sullo stesso livello di una donna del genere se le sue scelte sono manipolate e gestite da altri?
Un saluto

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Silvana 04/05/2019 - 09:43

Condivido il tuo tuo smarrimento, la delusione e la tristezza. Mai come in questo periodo mi sembra di non capire l’India e la psicologia indiana. Dopo vent’anni è davvero deludente come risultato e ammetto la mia frustrazione. Il mio intuito fallisce continuamente. Ma, forse, la lezione sta proprio nell’accettare le differenze e accettare che i nostri valori profondi non siano universali. Non potevi fare niente di più di quello che hai fatto.

Rispondi
SusIndia 06/05/2019 - 09:28

Ciao Silvana.
Capisco cosa intendi ma accettare le differenze culturali come tali, quando mascherano delle ingiustizie, secondo me non è la soluzione.
Se guardiamo alla storia, di esempi di “tradizioni” sbagliate ve ne sono ovunque, in tutte le culture, quella di casa nostra inclusa, a cominciare dai matrimoni combinati tra famiglie potenti.
Però bisogna dare uno scossone a situazioni come questa…non possono e non devono continuare a lungo. Quanti altri secoli devono passare prima che la loro mente inizi a percepire che è sbagliato e basta?
Un saluto

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Alessandra-Cina 07/05/2019 - 04:59

È davvero un peccato che una persona come questa ragazza, che aveva delle possibilità, dei soldi, dell’ incoraggiamento, alla fine abbia piegato la testa alla società. Sarebbe potuta essere d’esempio a tante coetanee che accettano perché forse non conoscono le alternative. Se le conoscessero, magari potrebbero avere una nuova consapevolezza di sé stesse e trovare il coraggio di vivere la propria vita. Sì, la strada è ancora lunga e le cose cambiano troppo, molto lentamente.

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