Il nucleo pulsante dentro ognuno di noi

Isola del Giglio 2019
Il rientro in Italia a dicembre 2017: la mamma anziana; una casa – la mia – lasciata vuota per tanto tempo; la chiusura, anomala e improvvisa, dell’hotel dove lavoravo alle Seychelles. “Ecco”, mi sono detta, “ogni cosa si sta predisponendo, il varco del way-out si è aperto, così come il tempo di operare una scelta è arrivato: ora!”. Mi sono buttata dentro il vortice che, in quel preciso istante, stava muovendo veloce le cose, le persone, i pensieri, le immagini, i secondi.
La partenza è stata furiosa.
Valige fatte in meno di una settimana, la chiusura dell’hotel caotica, gli indiani che lavoravano con me salutati con un gesto di mano mentre la barca se li portava via. L’ultimo chicken biryani mangiato in cucina con loro, a piedi scalzi, mentre il pareo annodato al petto stillava sul pavimento gocce di oceano. Il gatto seychellese acciambellato in veranda è l’ultima immagine che ho di lui, così come l’immagine delle testuggini giganti è un’istantanea dei loro carapaci rivolti verso la spiaggia. Il bagaglio a mano, dove custodivo il mio prezioso cuscino in lattice anticervicale da volo, dimenticato su uno dei pochi tavoli rimasti alla reception nella fretta della partenza.
Tutto di corsa. Senza pensare. Senza fiato.
Eppure sono stata una delle ultime ad andarmene: non mi piacciono gli addii, ho difficoltà a trinciare di netto, mi affeziono, traccheggio. Allo stesso tempo, l’elettricità che sentivo dentro mi ha strattonata verso il nuovo con decisione. Dispiaciuta e frastornata, consapevole che erano gli ultimi attimi di un pezzo di vita che non sarebbe più tornata, ero tuttavia eccitata e l’eccitazione ha prevalso su tutto il resto.

Testuggine gigante sulla spiaggia di Anse La Farine Seychelles 2017
Cosa spinge noi umani a non durare?
Perché, ciclicamente, sentiamo il bisogno di rovesciare tutte le carte e cominciare una nuova partita? Non me lo sono chiesto allora, diciotto mesi fa, me lo sto chiedendo adesso.
È come se, al nostro interno, un perenne contrasto tra forze innovatrici e forze restauratrici avesse luogo: da una parte tendiamo a costruire e consolidare, mentre dall’altra cresce in noi il bisogno di rinnovarci. Casomai, se proprio una domanda dovessimo porcela, almeno nel mio caso, sarebbe quella relativa al carico che siamo disposti a lasciare per far posto al nuovo.
Personalmente, almeno all’inizio, ho avuto la sensazione di essermi lasciata alle spalle ogni dettaglio, anche la parte buona di quella lunga esperienza. Mi è sembrato di avviarmi altrove svestita, leggera.
Mi accorgo oggi, invece, che qualcosa è rimasto.
Anzitutto, quando parlo con le persone, io sono “quella che ha vissuto dieci anni alle Seychelles”, e questo lascia a bocca aperta. Poi, stupite, le persone mi chiedono di raccontare loro qualche cosa delle isole. Accontentandole, mi accingo a diventare la loro traghettatrice verso mondi lontani e mitici. Mi ringraziano anche, alla fine, per le mie descrizioni. Per un lasso di tempo che varia da pochi secondi a qualche minuto, divento strumento di liberazione per chi si sente, a qualche livello, imprigionato. Ciò che io racconto viene tradotto in immagini dall’occhio della mente, procurando libertà e benessere a costo zero. Non mi sembra poco.
Dunque, questo bagaglio che all’inizio del mio rientro tenevo per me con imbarazzo, che non sapevo gestire se non come una zavorra decontestualizzante di scarso interesse oppure, peggio, che avvertivo – casomai lo avessi tirato fuori – come atto spocchioso nei confronti di chi si barcamena, con più o meno consapevolezza, in una vita di contingenza schiacciante, oggi lo considero qualcosa di speciale da non economizzare. Grazie al potere immaginativo che i racconti sulle Seychelles attivano negli ascoltatori, oggi ne parlo volentieri e sono felice quando vedo che questo procura sollievo ed apre orizzonti liberatori.
La seconda cosa che mi è rimasta, con mia grande sorpresa, è una calma interiore che ho scoperto solo nelle recenti settimane. Non fraintendetemi, fuori sembro una spostata: lascio libere le emozioni, piango senza maschere davanti a tutti o rido facendo altrettanto, così come urlo di rabbia se c’è qualcosa che mi urta davvero. Dentro però, nel profondo, sono calma. Non so cosa sia successo con precisione, so solo che, all’improvviso, ho avvertito un grande senso di fermezza. E’ stato il corpo a darmi il segnale fisico. L’ho sentito salire lungo la colonna vertebrale, come un calore intenso. Veloce, si è trattato di un attimo, ma è stato potente. Non ho ragioni di ordine pratico per sentirmi così, viste le relative precarietà in cui vivo.
Però, questa sicurezza non è ancorata ad alcunché di esterno.

Anse La Farine Praslin Seychelles 2017
Potrei descriverla come un piccolo nucleo centrale, come una minuscola sfera pulsante che sta dentro di me, nella parte più nascosta, ferma ma vitale, mentre tutto il resto si muove. Forse, era questo nucleo allo stato embrionale che mi ha spinta dentro il viaggio della psicoanalisi, iniziato proprio nel 2017. So per certo che è grazie a questa sorta di “pallina” se non sono caduta quando ho chiuso il negozio di vestiario vintage, dopo soli cinque mesi di attività, ed ho investito i soldi guadagnati alle Seychelles in una casa da ristrutturare. Ed è sempre grazie a questa piccola sfera che, in tempo da record, ho trovato subito dopo un lavoro che mi permetterà di operare il restauro. Tutto fulmineo, tutto concretizzato in pochi mesi, dopo anni di latenza. Sento che questa “pallina” sono io ma, al tempo stesso, è anche qualcosa di diverso, qualcosa di non facilmente definibile che si è palesato nel momento esatto in cui mi sono sentita pronta a intercettarlo.
In questi diciotto mesi di Italia ho creduto di perdermi e, forse, un po’ mi sono persa davvero.
La domanda, adesso, è la seguente: mi sono ritrovata?
Non lo so. Direi di no. Nel senso che, quello che ho trovato, è qualcosa di nuovo che non sapevo neppure esistesse. Una sorta di pace e fermezza al centro di me stessa, al di là dei subbugli quotidiani. Al di là degli inevitabili ostacoli, problemi, paure che ogni giorno si presentano. Ben oltre il luogo geografico in cui si vive. Un nucleo piccolo e pulsante, come un minuscolo cuore sferico, di coerenza tra ciò che si fa, si pensa e si prova. È qualcosa che intendo sperimentare fino in fondo, finché sarà possibile.
Forse da fuori non si vede, forse gli altri non se ne accorgono.
Ma va bene così, non deve essere visto con gli occhi.
Ciò che conta davvero è che sia visibile nella propria dimensione interiore.

Anse La Farine Praslin Seychelles 2017
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4 Commenti
Leggerti è sempre un piacere. Quella calma di cui parli, la trasmetti con le tue parole.
Un abbraccio e in bocca al lupo per tutto. 🙂
🙂
Perdersi, ritrovarsi. Fa sempre parte dello stesso mitico percorso. Perché la vera frontiera è “dentro”. E navigare oltre, dentro il proprio mare richiede altrettanto spirito di scoperta, perseveranza e apertura. Credo che ovunque tu possa essere stata o sarai, sei sempre sulla strada giusta, la tua!
Con affetto, ogni bene per te!
Katia
Grazie Katia 🙂