Quanto retaggio ci portiamo dietro quando lasciamo il nostro paese e passiamo il confine?
La risposta generale non la conosco ma, per quanto riguarda me, molto più di quanto volessi o pensassi.
Mi sono trasferita qui ripetendomi che sarei andata incontro a pessimo cibo e tempo peggiore o viceversa, ma che non mi sarei fatta influenzare da questo; ed invece la scorsa settimana ho quasi pianto riassaporando il basilico fresco e sentendo di nuovo il caldo.
Allo stesso modo, sapevo benissimo di come altri paesi siano avanti anni luce su alcuni temi sociali che per noi, ad oggi, restano ancora terreno di battaglie ideologiche e, si sa, l’ideologia può essere pericolosissima.
Voglio chiarire da subito che l’intento del mio articolo non è politico, vuole solo riportare quella che è stata la mia esperienza ma, allo stesso modo, non nascondo che vedere una nazione in cui si può manifestare qualsiasi orientamento sessuale senza che la persona accanto di senta in diritto di lanciare frecciatine, giudicare, o ancora peggio invocare il castigo divino, mi compiace eccome.
Erano i primissimi giorni in Inghilterra e con un mio nuovo collega iniziammo a parlare della sua omosessualità.
Anche lui viveva in Inghilterra da poco ed era straniero, spagnolo per la precisione. Qualche tempo dopo, riparlando dell’argomento, in un momento in cui eravamo entrati piuttosto in confidenza, gli chiesi se avesse mai avuto problemi legati al suo orientamento, se si fosse o fosse mai stato giudicato da famiglia o società.
Io aggiunsi di non aver mai fatto domande prima al riguardo perché mi sarebbe sembrato indiscreto, appena conosciuti, domandargli una cosa del genere.
Enorme punto interrogative sulla sua faccia.
Mi disse che no, in Spagna, e meno che mai in UK, di questi problemi non gliene erano mai capitati e che la famiglia, gli amici e i colleghi lo avevano sempre accolto senza neanche scomporsi a causa delle sue scelte. E mi disse anche che, in realtà, non gli era capitato neanche di sentire di amici o conoscenti che a loro volta avessero avuto problemi al riguardo.
Mesi dopo: altro collega, da 10 anni in UK, nato e cresciuto a Johannesburg, sposato con un uomo.
Questa volta mi aspettavo un andamento diverso. Se la Spagna, “cattolicissima”, è un vero stato laico, dal Sud Africa mi aspettavo tutt’altro.
Stessi argomenti, stesse riflessioni, stessi punti interrogativi sulla sua faccia e sul perché facessi domande prendendola alla larga, come se camminassi sulle uova per cercare di non offendere.
Ho iniziato a pormi un quesito: “per quale motivo mi stupivano tanto le loro reazioni, perché sentivo di dover fare domande solo dopo che fossero stati loro a venire da me ed aprirsi, solo dopo che fossero loro a mettere in mezzo l’argomento, mentre i miei colleghi inglesi, in teoria molto più settati sulla discrezione di un’Italiana, si fossero mostrati da subito molto più rilassati nel chiedere loro di mariti e fidanzati?”.
La risposta che mi sono data è che, probabilmente, per quanto ci sforziamo di non farlo, almeno all’inizio, leggiamo le situazioni con gli stessi codici che abbiamo in patria.
Mi sono sentita in colpa per non aver capito che mi ero fatta influenzare, in qualche modo, da quel senso di mistero che sembra dover avvolgere certi argomenti da noi.
Ho sempre pensato che sia assurdo anche solo ipotizzare che qualcuno possa sentirsi in diritto di decidere se chi ami, la persona con cui decidi di voler passare la tua vita, o anche solo una serata, risponda alla propria idea di “giusto”.
Ma, allo stesso modo, mi sconvolge il fatto che non mi sconvolga più, che mi sia rassegnata a leggere su facebook, praticamente quotidianamente, status di contatti, anche giovani tra l’altro, e questa penso sia la sconfitta peggiore, che parlano di omosessualità come di abominio, malattia, perversione!
Come già detto, non pretendo di dire che la mia esperienza debba necessariamente rispecchiare un andamento generale.
Atti di discriminazione, ad ogni livello, capitano e capitano ovunque; allo stesso modo, le credenze religiose non è detto influenzino sempre e comunque la capacità di rispettare le libertà altrui. E’ chiaro che in ogni paese si possano trovare esempi di infinita ottusità e anche aperture mentali straordinarie.
E invece ci sono paesi in cui, se cerchi di essere discreto per non urtare la sensibilità, ti guardano con la faccia incuriosita, perché non capiscono di cosa ti imbarazzi.
Concorso Letterario per Racconti “Expat: le paure ed il coraggio delle Donne” aperto fino al 31 luglio 2017. Leggi il bando.
Chi sono
1 Commento
Cara Roberta,
Ho amici Spagnoli omesessuali, e a Gennaio sono rientrata in Svizzera proprio da Johannesburg. Mi ha fatto sorridere la coincidenza degli esempi di nazionalità da te citata con le mie amicizie personali e la loro provenienza, in relazione al”argomento da te trattato.
Riscontro anche io una super maggiore assimilazione di tutti glî orientamenti sessuali possibili ed immaginabili fuori dall’Italia ed in particolare nel Paesi in cui ho vissuto. Non dobbiamo farcene un cruccio se siamo stati immersi in un ambiente cattolico di base che fa ancora fatica ad abbattere alcuni pregiudizi e tabù. Come in tutto il resto, la differenza la facciamo noi nel tessuto delle nostre conoscenze, nelle nostre amicizie che sempre ci mostrano altri modi di vedere le cose, e soprattutto, se abbiamo la responsabilità di crescere altri essere umani a noi affidati, nel modo in cui insegnamo loro a non formarsi idee precluse e ad escludere giudizio dalle proprie considerazioni.
Continua a raccontarci con sguardo aperto e libero la tua esperienza estera!
Katia da Locarno – Donne che emigrano all’estero