Da Barcellona sono di nuovo a Milano.
Neanche stavolta mi sono fatta mancare una toccata e fuga al mio amato lago di Como.
Nel paesino sul lago vive ancora Rosa, amica di mia mamma così come lo fu per mia nonna.
Il lago per me rappresenta le lunghe estati della mia infanzia con mia cugina e la famiglia.
Ci dicevano “andate a salutare la Rosa” ed eccoci essere caldamente accolte con un biscotto, un succo e le immancabili caramelle arancia e limone che frizzano.
Anche stavolta Rosa fa accomodare me e mia mamma nel suo salotto, vibrante di quadri di paesaggi laghensi dipinti dal defunto marito. Ci sentiamo coccolate come due bambine.
Rosa è una grandissima ascoltatrice e ha la rara qualità di non emettere giudizi mentre le si parla.
Sorride vedendomi entrare: per una laghé (abitante del lago di Como), è motivo di orgoglio il fatto che si ceda all’incanto del lago.
Quando scopre che mi fermerò solo per due giorni esclama “Ah! Questo è triste, il dover partire! Ma non ne senti la nostalgia?”.
Ecco il tasto dolente. L’orso in letargo sopito che cerco sempre di non svegliare, spaventata dai suoi versi e dalle sue rivendicazioni.
Cara Rosa, vorrei dirle, la nostalgia per me è come un orso che dorme profondamente al caldo della sua grotta.
Io sono il cacciatore che sa come è meglio evitarlo, ma al contempo è tentato al pensiero di incontrarlo.
Spesso cammino davanti alla grotta, silenziosa, discreta, invisibile.
E poi c’è quella volta in cui mi porto dietro il cane, cosciente che sarebbe stato più prudente lasciarlo a casa.
Con il suo abbaiare pedante sveglia la bestia e mi costringe ad affrontarla.
Vivendo a Barcellona, la nostalgia è silente: non penso più tutti i giorni alla famiglia, agli amici, ai miei posti. Mi devo difendere.
Se mi ci immergo completamente, respirando il lago e pensando a come mi manca, allora sento un fuoco che risale fino alla gola.
Dopo più di cinque anni da expat, la mia nostalgia non brucia e non graffia più tanto come all’inizio.
E, nonostante quando ci pensi la veda come quell’orso, l’immagine è diventata più rassicurante.
L’orso della grotta è nel mio cuore e posso fargli visita quando ne ho voglia senza averne più così tanta paura, perché la mia vita sono tante vite, e una è qui: a Barcellona.
Con questa nuova consapevolezza, passo a qualcosa di più leggero: prima di ributtarmi nella vita barcellonese, vi ci devo poter ritornare! Allora scatta l’operazione valigia. È un’arte in cui sto diventando una vera e propria maestra di incastri.
Inizio riempiendo il fondo con i vestiti e la scatola di pizzoccheri, adagio in cima le piadine e un pezzetto di speck. Come colonna sonora le urla di mia mamma che, dalla cucina, chiede se il gorgonzola del vicino lo porto via intero o ne prendo la metà.
Oggi è più complicato perché ho una valigia da imbarcare, carica dei regali ricevuti per l’ultimo Natale. La mamma ha anche conservato un intero pandoro, che si incastra perfettamente in un angolo.
Quando ormai la valigia è piena, mi accorgo che rimane ancora qualche spazietto sfruttabile: inizia il ‘chi più ne ha più ne metta’.
Oltre alle cibarie (riesco ad inserire anche un tupper di lasagne casalinghe, giuro!), il pericolo è un altro. È quando mi aggiro insieme all’orso per la mia cameretta di bambina, ormai ridotta a un museo di suppellettili. Controllo di non avere tralasciato qualche oggetto di estrema importanza affettiva o di grande funzionalità.
Se vi state chiedendo se anche voi avete lasciato in Italia qualcosa di irrinunciabile, la risposta credo sia no.
…Vuoi non mettere il flauto traverso delle elementari o la piccola armonica? Sia mai che ricominci con qualche spettacolo teatrale e mi serva…
…C’è un disegno fatto a 16 anni: è carino, magari lo appendo nella casa di Barcellona. Per non parlare di quei body che usavo a danza 10 anni fa e che potrei indossare a yoga…
Avete capito: il prossimo post sarà “Gli oggetti più inutili e assurdi che mi sono portata dall’Italia”.
Completata la valigia, tutti in macchina direzione aeroporto.
Mio papà calcola sempre possibili attacchi alieni con blocco dell’autostrada incluso, per cui in aeroporto arrivo con quasi tre ore di anticipo. E poiché non ho ancora imparato a non prenotare aerei serali, mi godo il mio pellegrinaggio al terminal.
L’aereo, programmato per le 21.50, ha un ritardo di 45 minuti.
L’aeroporto di Bergamo Orio al Serio si trasforma in un campo profughi, con gente sbattuta a terra dovunque. A mezzanotte passata, tormentata da un persistente mal di testa, atterro finalmente a Barcellona.
Vi scrivo stamattina mentre sono al lavoro e sembro una comparsa del set di Walking Dead, ma ce la farò!
D’altronde, per stare qualche ora in più in Italia, questo ed altro, non vi pare?
Chi sono
6 Commenti
Che bel post! Credo che ognuna di noi expat ci si possa trovare un po’ dentro. Io quest’estate sono tornata dopo tre anni in Italia e scoprire che tutta la casa dei miei era cambiata -ma la mia camera no- mi ha fatto tanta tenerezza. Come se a mia madre non importasse che ho 35 anni. Come se restassi sempre bambina. C’è un film -al lupo al lupo- che si conclude con un vecchio padre (pittore) che ritrae i suoi figli. Ma li disegna piccini. Per quanto lontano si vada le radici, l’infanzia, le amicizie e i luoghi che ci hanno visti crescere ce li portiamo sempre dentro. Non avevo mai pensato di chiamarli “orso”, ma l’idea mi è piaciuta. Penso che al mio orso darò anche un nome a questo punto. Grazie per questo post. Non è facile trovare scritti originali, senza retorica e puliti. Se hai un blog tutto tuo, mi piacerebbe seguirti 🙂
Ciao Francesca!
Intanto grazie molte: il fatto che sia condivisibile da più expat mi fa ancora più piacere, visto che è parte dell’ obiettivo!
Non ho nessun blog mio purtroppo, ci vedremo ancora qui si DCCE:-) Un abbraccio!
Vivo a Barcellona da quasi 27 anni ?
Ed ancora no mi ci sono abituata?
Non mi manca apparentemente nulla ma l Italia ?? é un’altra cosa
Caspita Marina, 27 anni!
Massa dai, è anche bello potere prendere solo “il bello” che il nostro paese ci offre! A presto!
Wow Marina! 27 anni !!! Hai battuto ogni record, tra le mie conoscenze! Complimenti! Eh… capisco come ti senti, come vi sentite. ..sono anch’io a Barcellona (ma ho vissuto anche.in Francia); è normale che ci manchino le nostre radici! Siamo umane! Forza e coraggio, siamo brave e gestirci questi sentimenti vedo! 😀 🙂 Un abbraccio a tutte e due!
Bellissima la Francia, mi piacerebbe accumulare un’altra esperienza, ma non credo che il compagno spagnolo sia dell’idea 🙁 Anche se Barcellona è Barcellona! Un abbraccio e forza a tutte allora!