Pensavo fosse amore
“Pensavo fosse amore invece era un calesse” era il titolo dell’ultimo film del 1991 diretto dal grande Massimo Troisi, nel quale il regista trattò il tema dell’amore.
Il calesse rappresentava la “delusione di un qualcosa le cui aspettative non sono state mantenute. (…) Quando non è più amore ma «calesse», bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male… Ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell’inizio” (citazione).
Quante volte pensavo fosse amore?
Pensavo lo fosse quando sposai il mio (ex) marito. Un’unione durata poco più di tre anni, finita malamente, che però mi ha regalato mia figlia.
Fu un calesse: la decisione di finire fu mia. Lui non me lo perdonò. Gli anni seguenti furono un inferno emotivo e un disastro finanziario.
Pensavo lo fosse quando il mio (ex) compagno venne a vivere con noi. “Invecchieremo insieme”, la promessa.
Fu di nuovo un calesse. L’impatto emotivo questa volta fu devastante: lo amavo.
Pensavo lo fosse quando conobbi lui. Mi aveva colpito il sorriso: aperto, accattivante. Ci incontrammo in un bar, tre ore di chiacchiere continue fino alla chiusura del locale. La barista italiana mi disse: “si vede che è innamorato”. Sorrisi, l’avevo già capito.
Fu un calesse. Un piccolo screzio, un messaggio sul telefono: “goodbye” (addio). Stupefatta, gli chiedo di spiegarsi: “no need to” (non c’è bisogno), la risposta lapidaria.
Oltre due mesi di quotidianità finiti così. Dal punto di vista emotivo, fu questa la cosa più difficile da superare. In realtà, questo piccolo uomo mi ha fatto un favore: non era la persona per me. Avrei dovuto lasciarlo perdere la prima volta che si comportò in un modo simile, ma pensavo ne valesse la pena.
Vi svelo un segreto: sono un’incredibile romantica, quella del “e vissero felici e contenti”, quella di una relazione che dura tutta la vita.
Ma dove lo trovi l’amore? Sarebbe semplice se lo potessi ordinare su Amazon.
L’ho cercato in lungo e in largo, raccogliendo nella rete solo gli scarti, quelli che se non li vuole nessuno un motivo ci sarà. E c’era, ogni volta.
Allora bisogna avere il coraggio di dire basta. Quando ti accorgi che hai un calesse per le mani non ha senso andare avanti.
Lo si deve a se stessi.
Per l’amore di coppia bisogna essere in due. Per amarsi, bastiamo noi.
Ho imparato a volermi bene e a rispettarmi: ho imparato a non lasciare che una storia che non ha funzionato metta tutto in discussione.
Da inguaribile ottimista, non mi do per vinta. Ricomincio, come sempre, da me.
Finora, sono stati solo calessi. Un domani, forse, sarà solo l’amore.
Chi sono
4 Commenti
“Avrei dovuto lasciarlo perdere la prima volta che si comportò in un modo simile, ma pensavo ne valesse la pena”.
Cara Elena, ne so qualcosa, avendo avuto a che fare con un calesse per oltre due anni. Mi dicevo che sarebbe cambiato, che il tempo avrebbe aggiustato le cose, che forse era colpa mia. E per un sacco di tempo ho pensato che la fine della nostra storia fosse colpe mie. Un calesse, a volte, può davvero travolgerti e “investirti”. L’importante è imparare a riconoscerlo e, finalmente, attraversare la strada invece di scontrarsi con esso.
Un abbraccio !
Chiara – Parigi
Ciao Chiara,
verissimo, anche perchè i calessi sono pesanti! scherzi a parte, riconoscerli non è sempre facile ma una volta identificati, megli lasciarli perdere.
Un abbraccio!
ciao,
Elena
Ciao Elena
sono sicura che prima o poi su quel calesse ci salirai tu insieme al’uomo della tua vita
Hai due figli splendidi e tu sei una splendida donna , cosa non da poco !
Bru
Ciao Cinzia,
mi sa che mi conviene imparare a guidarlo da sola! 🙂
Grazie dei complimenti, sei molto gentile!
ciao,
Elena