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Per quelli che volano

di Ariane
quelli-che-volano

quelli-che-volano28 settembre 2016

Qualunque cosa tu faccia, non arriverai mai in tempo. Qualunque cosa accada, sarai sempre in ritardo.

Ci pensavo proprio poche settimane prima ed ecco che poi è successo.
Non che potessi fare veramente qualcosa per evitarlo, non sarebbe stato diverso se fossi rimasta e se avessi continuato la mia vita lì.

La differenza è che al momento in cui è arrivata la notizia io non c’ero.

E non importa a quante poche ore di volo tu sia: per quanto presto tu possa partire, per quanto velocemente tu possa arrivare, sarà già tardi.
Tardi per essere lì a dare il primo abbraccio,
tardi per offrire una spalla su cui piangere,
tardi per confortare chi ne ha bisogno.

E forse sarà stato tardi anche nel ricevere la notizia: lo saprai per telefono dopo tutti gli altri, dal malcapitato di turno che ora si trova questo infame compito da svolgere, che non saprà come dirtelo, che si chiederà se sia il momento adatto – se mai possa esistere – per ricevere una notizia del genere.

E tu, che non eri pronta e mai lo sarai, prometterai di arrivare il prima possibile, prenotando un biglietto aereo mentre sei sul tram e maledicendoti perché non trovi l’auricolare nella borsa, con il cuore che ha smesso di battere, con le mani che non smettono di tremare, con il cellulare che continua a squillare.

È vero che ti perdoneranno per il tuo ritardo, perché oramai ci hanno fatto l’abitudine.
Ti perdoneranno anche quando quell’aereo non lo potrai prendere e resterai a tormentarti nella tua casa a migliaia di chilometri di distanza.

Ma tu, ti perdonerai?

Molti credono che agli expat faccia paura la distanza, lo spazio fisico che ti divide dal tuo paese, dalla famiglia e dai tuoi affetti.

Probabilmente a chi rimane è la distanza a pesare di più: sapere di non poter raggiungere fisicamente chi si trova lontano.

Io invece credo che per chi espatria la vera sfida sia il tempo: sapere di non poter fare in tempo a prendere e partire, di perdere tante – troppe – occasioni, di non poter cogliere il famoso attimo lì dove sono gli altri, perché quell’attimo hai deciso di coglierlo da tutt’altra parte.

La distanza puoi superarla, ma il tempo rimane sempre irrecuperabile e non ammette pianificazione.

È questo il prezzo che dobbiamo pagare per aver preso una delle decisioni più difficili della vita?

Sono sull’aereo mentre scrivo e so che tra tre giorni sarò di nuovo qui, viaggiando nella direzione opposta.
E ora penso che mentre tu volavi giù, io sto volando in su, troppo tardi, verso di te.

Ci sono tanti modi diversi di volare: alcuni di noi lo imparano per primi, altri non lo sapranno fare mai. Ma tutti noi, in un modo o nell’altro, voliamo.

Siamo tutti noi quelli che volano.

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4 Commenti

Rasha 28/09/2017 - 07:40

Un articolo fantastico, precisamente ciò che si sente. you put it down spot on.
Thank you for sharing

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Ariane 28/09/2017 - 14:46

Felice che ti sia piaciuto 🙂
Grazie per essere passata.

Ariane-Berlino

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Giulia 28/09/2017 - 13:30

Per le belle notizie ma soprattutto per le brutte noitizie, la sensazione è esattamente quella!
Bisognerebbe inventare il teletrasporto, ma allora non saremmo più expat.

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Ariane 28/09/2017 - 22:17

… e non saremmo più quelli che volano 😉

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