Argentina, Brasile, e un po’ tutta l’America Latina hanno rappresentato per molti negli ultimi anni terre di speranza.
In Argentina l’attenzione ai diritti umani, la condanna della dittatura e delle conseguenze nefaste sull’immagine del paese ma soprattutto sull’eliminazione di quell’intera generazione che forse il paese l’avrebbe cambiato davvero; una politica sociale attenta ai bisogni delle classi disagiate, degli emarginati; la regolarizzazione dei contratti di lavoro; il blocco alla svendta del paese a “imprenditori” stranieri… hanno contribuito a creare quest’illusione.
Quanto poi queste politiche fossero reali e non strumentali non è facile dirlo.
Gestire un grande paese come l’Argentina, con una grande diversità naturale, sociale e culturale, non è certo cosa facile, come non è facile distinguere fra misure veramente in favore del popolo o semplicemente populiste. Se dietro a questo progetto politico, sociale, economico ci fosse un’idea chiara di sviluppo (e di quale sviluppo al di là di ogni demagogia) è ancora più difficile dirlo.
I nuovi governi da poco instaurati, golpisti o meno, propongono i loro modelli neoliberisti, rimangiandosi molta della politica sociale, negando a volte la storia o ostacolandone la conoscenza, spostando o cambiando i quadri nelle stanze del governo, riaprendo la vendita delle terre al capitale straniero, proclamando il miracolo di cui non sappiamo quali saranno i frutti. Come per il desiderio (el deseo), mi sento di ricordare: “Cuidado con los milagros” – “Attenti ai miracoli”.
Prima e dopo, o troppo spesso sotto a tutto questo, la gente: quelli che si alzano la mattina presto e vanno a lavorare, quelli che il lavoro non ce l’hanno e non lo trovano o non lo cercano, quelli che pagano le tasse anche per quelli che non le pagano, quelli che hanno una casa o si erano illusi di poterla avere, quelli che mandano a scuola i figli e quelli che fanno finta, quelli che cambiano il telefonino com si cambiano le mutande compresi quelli che le mutande non ce le hanno, quelli che un’idea del futuro – o il futuro stesso – pensavano di avercela, quelli a cui del futuro non gliene frega proprio niente – soprattutto del futuro degli altri. Quelli che a un futuro – malgrado tutto – continuano a crederci o ne sono inconsapevoli, perché se no come mai continuano a nascere tanti bambini?
E questa, in qualche modo, è una cosa bellissima; vedere tanti bambini per strada, nei parchi giochi, nelle scuole – per me che vengo dalla vecchia Europa in cui di bambini se ne vedono sempre meno – con le loro faccette multicolori di vecchie e nuove migrazioni.
Spero davvero che fra quelli che riusciranno a sopravvivere – e mi auguro che siano al di sopra delle previsioni – ce ne siano molti che quel futuro che nessuno sta costruendo per loro riescano ad inventarselo.
Magari con l’aiuto di qualche adulto cosciente. E ce n’è.
Anna Fresu
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1 Commento
Scusa ma come l’hai descritta fa proprio schifo, per chi non l’ha visuta durante la “decada ganada” non può sapere cosa vuol dire vivere in un paese che era molto vicina al Venezuela, adesso abbiamo ancora una speranza di un paese non più comandate di corrotti che davano soltanto sussidio e menzogne che vera possibilità di progresso.
Saluti.