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PSICOLOGIA – Persefone, la dea fanciulla.

di Debora Previti
persefone


 PSICOLOGIA

Persefone, la dea fanciulla.

“Ogni diverso momento del mito ha un correlato nella vita reale”.

Persefone fu l’unica figlia di Demetra e Zeus. Era una fanciulla spensierata, molto amata dalla madre, che era solita proteggere la figlia da esperienze che presentassero anche una minima possibilità di rischio. All’inizio del mito, Persefone raccoglieva fiori e giocava con le amiche, quando all’improvviso Ade, re degli Inferi, emerse sul suo carro, rapì la fanciulla in lacrime e la portò nel mondo sotterraneo per farne la propria riluttante sposa. Il mito racconta che Demetra non accettò la situazione, abbandonò l’Olimpo finché Zeus non cedette ai suoi desideri e madre e figlia potessero riabbracciarsi. Subito Demetra si informò se Persefone avesse mangiato qualcosa nel mondo degli Inferi. Rispose di aver mangiato alcuni semi di melograno perché Ade l’aveva costretta “con violenza e contro il suo volere”, cosa non vera, poiché Persefone mangiò quei semi senza forzature. Demetra dovette accettare la storia e il ciclo che ne conseguì: poiché aveva mangiato i semi di melograno, Persefone avrebbe trascorso un terzo dell’anno negli Inferi con Ade, e i due terzi nel mondo dei vivi con la madre; se Persefone non avesse mangiato quei semi, sarebbe stata restituita alla madre senza condizioni. Povera fanciulla, da sola nell’oscurità, verrebbe da dire. Ma in seguito, Persefone divenne regina degli Inferi. Quando eroi ed eroine della mitologia greca si recavano nel regno dei morti, Persefone era là a riceverli e a fare loro da guida. Nessuno la trovò assente. Non c’era mai sulla porta un biglietto che dicesse “tornata a casa dalla madre”.

Persefone era venerata in due modi: come fanciulla, o Kore (che significa giovinetta, la fanciulla senza nome) e come regina degli Inferi. Persefone o Kore è una giovane e bellissima dea associata ai simboli della fertilità: il melograno, i cereali, il fiore narciso; come regina degli Inferi, Persefone è una donna matura, che regna sulle anime dei morti, è guida dei viventi agli Inferi e pretende per sé ciò che vuole.

Noi donne incontriamo Persefone Kore durante la giovinezza, quando giovani, incerte e ricche di possibilità aspettiamo che qualcosa o qualcuno dia forma alla nostra vita, prima di approdare a una crescita diversa (la scelta di una carriera, il matrimonio, la maternità, un viaggio). Nelle stagioni della vita di una donna, Persefone rappresenta la primavera. La dea fanciulla è vitalità e potenziale per una nuova crescita. Quando questa crescita non avviene, la donna-fanciulla rimane vittima del modello, o archetipo, della donna Persefone. Esso si riflette nelle eterne studentesse, o in quelle donne che gravitano attorno alla famiglia e agli amici di sempre anziché perseguire una professione; alcune passano da un lavoro all’altro nella speranza che uno dei tanti possa interessare loro davvero, altre si lasciano scegliere da un uomo. Succede che l’archetipo Persefone Kore rimane eternamente giovane, mentre la donna invecchia. Oggi, i media ci sbattono in faccia Persefone all’opera per negare i fatti: si fa fare lifting facciali e indossa abiti che sarebbero più adatti a donne più giovani, ad esempio. Finché non approda ad una fase diversa, questo tipo di donna si troverà spesso sull’orlo della depressione.

La donna Persefone può superare la dimensione Persefone Kore se è costretta ad affrontare la vita con le sue forze e prendersi cura di sé; deve decidere senza riserve, e fare. In questo modo affiora la dimensione Persefone regina degli Inferi che pretende per sé ciò che vuole.

Grazie a questo blog, ho conosciuto diverse donne Persefone. Alcune di loro, nonostante la paura di uscire da schemi ereditati dalla famiglia o dalla cultura del contesto, hanno già intrapreso una strada che si sono scelte. Federica – nome di fantasia ma che credo potrà riconoscersi in queste parole –  ha letteralmente “mollato” una tesi già scritta per intraprendere una nuova professione: e chi l’ha detto che bisogna laurearsi per forza?

Martina – altro nome di fantasia – ha deciso di lasciare un Paese del Nord Europa e, stanca di un clima freddo e della qualità di vita, ha fatto ritorno in Italia. Mi aveva scritto che in occasione del primo viaggio non aveva scelto di partire; leggendo le sue mail pensavo che, come Persefone, si fosse lasciata scegliere da un progetto per fuggire da una realtà probabilmente dolorosa. Credo che tornando, Martina abbia dato spazio e attenzione a una fanciulla cresciuta troppo in fretta, coltivando la ricettività, che è la capacità tipica di questo archetipo: ovvero attendere che la situazione si modifichi e che i sentimenti si chiariscano. Parlo di una ricettività che non è soltanto prestare attenzione agli altri, astenendosi da un giudizio critico, ma soprattutto di sviluppare un atteggiamento aperto anche nei confronti della propria psiche. Nel suo caso, il primo passo necessario è la gentilezza verso se stessa, anziché impazienza negli agiti o autocritica. Martina sta imparando che periodi di pausa improduttiva possono essere momenti terapeutici di tregua, che procedono un nuovo impulso di attività e creatività. Se nel luogo terapeutico, ovvero nello studio dello psicoanalista, l’immaginazione come atto creativo fa da padrona, questo, a mia sorpresa, è accaduto anche durante un intenso scambio di mail. Infatti, pur riconoscendo Persefone Kore, la fanciulla, intravvedevo la regina degli Inferi. A differenza di tutte le altre dee dell’Olimpo che rimangono fedeli a se stesse, Persefone è l’unica dea dalle grandi possibilità di trasformazione e crescita personale. Una volta esplorato il regno profondo del mondo archetipico (ovvero quei modelli di comportamento che tendeva a ripetere) e non tema di farvi ritorno per ripetere l’esperienza, la donna Persefone è in grado di mediare fra la realtà e il profondo. Ha fatto esperienze irrazionali o terrificanti, ha avuto allucinazioni o incontri spirituali trasformativi. Se riesce a trasmettere ciò che in questo modo ha appreso, allora può diventare guida agli altri. Non so che cosa Martina sceglierà per se stessa, ma sono convinta di aver incontrato una donna dalle grandi doti terapeutiche.

Per noi donne, Persefone è un incontro necessario, non importa a quale età. Mangiando i semi di melograno nel regno degli Inferi, Persefone determina il suo destino. Non importa se siamo in un Paese lontano da casa o decidiamo di fare ritorno, se siamo ancora in viaggio o se stiamo per partire, importa la gentilezza che sentiamo per noi stesse anche quando ci sentiamo come un ‘campo lasciato a maggese’.    

Alla Persefone Kore che è in ognuna di noi. Alla regina che è in attesa.

 Con pathos, Debora, Thailandia, Phuket.

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5 Commenti

Eire 30/10/2016 - 09:09

Persefone forse nega alla madre di aver mangiato il melograno perché, avendo sempre vissuto nella sua ombra, la vita non le ha dato molte possibilità di conoscersi, non sa quanto è “suo” quel gesto o forse lo intuisce, cosa che fa paura inizialmente. Il rapimento da parte di Ade le sbatte in faccia tutta la sua insoddisfazione… meglio così! Persefone è quindi potuta uscire da entrambe le dimensioni alle quali era stata relegata dalla madre prima e dal marito poi. Nella mia visione, che importa se guida o meno gli altri?…purché percorra la sua strada, che sarà su sua unica misura!!

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Silvia D'agnano 03/12/2020 - 19:32

È vero, ma anche perché mia figlia va alle medie e quindi ne sa più di me!

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Silvia D'agnano 03/12/2020 - 19:30

Bellissimo

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Maria 21/12/2020 - 21:23

Splendida visione, attuale quanto antica. Da piccina, ero affascinata inconsapevolmente,da questa fanciulla che correva nei prati, felice dell’ istante presente,sotto lo sguardo vigile di sua madre….non a caso la dea terra, da cui tutto ha origine. Poi crescendo , ho analizzato e capito…
Il fascino sta nella fanciulla ambigua( persefone vuol dire appunto ambigua), che non vuole perdere la sicurezza su cui poggia i suoi piedi veloci, ma deve avviarsi confusamente e da sola,( priva del sostegno materno) ,per conoscere non solo il mondo e le sue insidie( che inevitabilmente incontrerà: l’ inganno della melagrana), ma conoscere se stessa , in un viaggio interiore che la fara’ donna. Perderà la freschezza della fanciulla e approderà alla maturità responsabile, dove farà i conti con il dolore e con la morte. Perché questo mito è anche un rituale di passaggio, dolorosissimo ed eterno, a cui noi donne, tutte siam chiamate. In primis figlie e poi madri, terra e sangue , nell’ amara accettazione di una ambiguità femminile rotonda che non lascia scampo o vie alternative.Per questo la melograna è un frutto bivalente: scorza coriacea, ma chicchi invitanti, chicchi festosi ma aciduli….simbolo della morte( tombe di Paestum e ipogei Etruschi) e simbolo di vita :nascite che si rinnovano.

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Ilaria Francesca Martino 23/03/2021 - 15:06

Legga se le capita io sono Kore, in uscitavtra un mese.
Grazie per questo bellissimo articolo

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