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La profonda comicità della (mia) vita

di Elisabetta Yoga Berlino
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La profonda comicità della (mia) vita.
Ma l’importante è che funzioni.
Vado a fare un colloquio in un ristorante thai.
Un bellissimo, enorme, chicchissimo ristorante thai nella parte newyorkese di Berlino (come la chiamo io).
Mi serve un lavoretto da 3 giorni e 20 ore settimanali per mantenermi, evidentemente, che mi permetta di poter continuare ad andare a scuola di tedesco ogni mattina, ed avere dei giorni liberi per insegnare yoga.
Mi prendono per una prova in cucina. Dico onestamente al boss che non ho esperienza in merito a grandi cucine professionali, ma lui mi fa provare lo stesso (my italian brand?).
Arrivo, mi danno la divisa da chef (bella!) e mi tuffano in cucina.
La capa chef è una donna thailandese che parla solo tedesco e thailandese, ma ci capiamo bene. E’ un donnone un po’ punk, con un bellissimo carattere.
Mi fa vedere come funzionano comande e monitor, e le varie postazioni di cucina. Dove sono le verdure tagliate piccole piccole così che non puoi dire di no, le salse, i dressings, i frigoriferi, i noodles, le carni. Un bordello, insomma. Per non parlare dei nomi dei piatti. Per non parlare dei frigoriferi enormi, che quando mi hanno mandato a prendere qualcosa, un terrore atavico di rimanerci chiusa dentro mi ha attanagliata da chissà quale film visto da piccola, ma soprattutto per non parlare della carne.
Rabbrividente per me (non apriamo nessuna polemica, ok? ho detto “per me”, è sufficiente).
Dopo un’oretta mi fanno cucinare i noodles, ne faccio uscire due piatti.
(ricetta: un pò di questo, un po’ di quello, un po’ di quell’altro, i noodeles tanti così, poi tutto insieme 1 minuto, poi un po’ di questo a destra e un po’ di quello a sinistra, e sopra quell’altro. Pronti).
Devo capovolgere un grosso wok su un piatto, e mi rendo conto che devo ricominciare a fare trx, sono tornata ad essere un po’ esilina.
Ad un tratto viene il boss di tutta la baracca in persona in cucina, e mi dice sorridente “basta basta vieni con me.”
Mi fa “ti ho osservata dai vetri della cucina” (cucina open molto cool).
Io ero già pronta a schernirmi, convinta che stesse per dirmi: “ma sei sicura di non aver mai cucinato thai? Sei bravissima. Anzi, ho pensato di aprire anche un ristorante italiano e voglio te come capo chef”.
Oh, convinta. (Del bravissima, non del ristorante italiano).
Invece continua così “la cucina non fa per te, vatti a cambiare e vediamo cosa sai fare in sala”.
Vi giuro, io stavo per scoppiare a ridere.
Questa cosa, invece di offendermi o mortificarmi mi ha fatto troppo ridere.
Perché, soprattutto a contatto con la carne, io mi sono veramente chiesta se avrei mai retto più di un mese. Evidentemente questo mi si è letto in faccia.
Così mi cambio: camicetta, stesso grembiule lunghissimo ma molto fasciante, e una bella donna sorridente, una capa anche lei, mi illustra tutto.
Poi mi fa: sei nervosa?
Ed io: no, davvero.
E intanto penso a quanto è benedetto lo yoga che ti porta a contatto con la verità, per prima cosa la tua verità, e ti presenta chiaramente l’ego e i suoi giochetti. Se mi fossi sentita rifiutata, o toccata nell’ego, appunto, non sarei potuta andare avanti altre 4 ore portando vassoi carichi di bevande esotiche (senza far cadere niente), sparecchiando e apparecchiando tavoli, asciugando posate, parlucchiando tedesco, sorridendo e facendo “amicizia” con i colleghi (che sono un capitolo a parte, da raccontare, anche loro).
Mentre sfrecciavo per il nostro ristorante super cool, dalla cucina la chef thailandese mi guardava con dolcezza e mi chiedeva, con un’onestà e un sorriso disarmanti: va meglio adesso? stai meglio in sala, vero?
Non ti puoi offendere.
C’è una super sensibilità, orientata sia alla persona che all’efficienza della baracca.
Cosa che purtroppo devo dire che in Italia non esiste, almeno nella mia esperienza, e non solo nei lavori umili.
Ma forse è anche che Berlin è magic: ti sorprende sempre.

PS. i camerieri che vi portano le bevande, quelli a cui chiedete di ordinare e vi dicono: “adesso arriva il mio collega”, sono l’ultima ruota del carro, quelli in prova o appena arrivati. Trattateli bene, ok?”

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