Vivendo all’estero si ha più voglia di rivedere i compagni di studi, con cui si è trascorso un tempo felice e spensierato prima di espatriare. Negli ultimi dieci anni, mi sono sempre ritrovata per una cena con i colleghi di università (Scienze Geologiche, Padova). All’inizio ero ancora in Italia ma c’era già qualcuno di noi che aveva varcato il confine. Da quando sono andata all’estero, ho cercato di tener viva questa tradizione, terminata l’anno scorso, in occasione del decennale dalla laurea, con un pranzo epocale seguito da una nevicata eccezionale. Quest’anno non s’è fatto nulla. Chi di noi è all’estero era preso da altri pensieri e chi è rimasto in Italia probabilmente non sentiva il bisogna di rivedere i compagni, preoccupato tra (mancanza di) lavoro e famiglia. Eppure il rientro natalizio anche quest’anno ha comportato una rimpatriata, ma non mi aspettavo arrivasse dall’altra metà della mia vita, ossia la musica!
Elisa, un’altra ragazza emigrata, al momento negli USA, ha organizzato una cena tra ex-compagni di conservatorio (C. Pollini di Padova). È stato fantastico, perché con molti avevo perso i contatti, di altri ricordavo il viso e lo strumento suonato ma non il nome, infine alcuni erano per me degli emeriti sconosciuti. La classe di organo è famosa per starsene un po’ per le sue, l’unico momento in cui potevamo incontrare qualcun altro era nella mitica auletta-bar, prima che diventasse un’aula a tutti gli effetti con il nome di 5bis, causa perenne penuria di spazi. Per l’occasione si è riunita quasi l’intera redazione di “Alterazioni”, il giornalino degli studenti, cui collaborai sin dalla fondazione. Eravamo ca. 25 alla cena. Un bella compagine di cantanti, pianisti, fiati, archi, percussionisti, compositori, etc. Alcuni sono ora mamme o papà, stimati insegnanti, con contratti a tempo indeterminato o sul procinto di comprare casa. Nonostante si sia tutti diplomati, solo pochi di noi sono riusciti a vivere di sola musica (e questi spesso figurano tra gli emigrati). Purtroppo la professione di musicista non è ancora considerata un “lavoro serio”, la retribuzione regolare è un sogno. Nessuno di noi, però, ha mai smesso di suonare. Con il nuovo sistema universitario non è più possibile studiare musica e qualcos’altro, mentre in passato era la regola o quasi tutti noi trentenni abbiamo un titolo supplementare in campi completamente differenti dalla musica (pur se, guarda caso, egualmente creativi), come architettura, grafica, marketing, fisica, geologia, etc.
Non ero l’unica espatriata per lavoro, anche altri hanno lasciato l’Italia seguendo un contratto. Avevo rivisto Elisa l’ultima volta a Londra, io in UK per un convegno e lei per un corso. È una brava e bella cantante cui non manca lo spirito d’iniziativa. Ha seguito la carriera del marito, chitarrista classico, e sta portando lo spirito italiano nella sperduta cittadina della Pennsylvania ove vive al momento. Giulia, violoncellista, si trova temporaneamente a Göttingen, dopo anni a L’Aia in ambito legale. Federico, pianista, aveva “ereditato” il posto da organista presso la chiesa luterana di lingua tedesca quando Stefano, il ragazzo che mi sostituì quando emigrai, venne proprio a Vienna per studiare direzione d’orchestra. Dopo poco tempo Federico partì per Friburgo per lavorare come architetto e recentemente si è spostato ad Amburgo. Finalmente siamo riusciti a vederci! Di tutto il gruppo, merita una menzione particolare Stefania, cantante e fisica, ora impiegata all’università. Grazie a lei conobbi tutti gli altri, perché iniziammo a fare musica d’insieme in conservatorio e continuammo esibendoci assieme in qualche culto-concerto e matrimonio.
Mancavano parecchie conoscenze, alcuni espatriati e non ancora rientrati per le feste ed altri rimasti a Padova ma impegnati. È sempre difficile trovare una data che vada bene a tutti. C’è stato addirittura chi ci ha raggiunto in tarda serata dopo le prove con l’orchestra a 40 km di distanza. Alcuni non sono su Fb, ove l’evento è stato organizzato. Il tempo è volato. Siamo riusciti a fare una foto di gruppo prima di scappare ognuno a casa propria. Per circa tre ore mi sono sentita “in famiglia”, perché quello che ci ha accumunato è stato di più di una classe o di un insegnante per un limitato periodo di tempo. Nemmeno gli anni e la distanza hanno potuto cancellare una simile sintonia. La stessa che per me si crea all’estero quando capita di far musica con altri, anche sconosciuti.
Sono tornata a Bxl con il bel ricordo di una serata fuori dal tempo. Fino alla prossima rimpatriata, ormai una necessità per chi vuole tornare felice e spensierato come ai tempi di scuola, dimenticando per qualche ora le difficoltà della vita quotidiana.