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Rotterdam: di tè turchi e gruppi Whatsapp

di Katia
Beatrice a Rotterdam

Rotterdam: di tè turchi e gruppi Whatsapp

Testimonianza inviataci da Beatrice, Rotterdamrotterdam-porto-barche


beatrice-selfieQuesto lunedì è cominciato male. Altro che Blue Monday.

Mi sono alzata con il piede storto e con una voglia immensa di biscotti, di quelli buoni, degli Spicchi di Sole, che i miei genitori mi hanno mandato con un pacco insieme a pasta e altri prodotti che qui non si trovano della stessa qualità italiana.

Probabilmente sono gli ormoni, forse è solo meteoropatia.

È una di quelle giornate olandesi che iniziano uggiose e finiscono uggiose, con una costante e fastidiosa pioggerellina.

Ho svolto quasi tutte le commissioni che avevo pianificato per il lunedì, il mio giorno libero al lavoro.

Di solito tengo tutti i lavori più lunghi e noiosi per questo giorno, come la pulizia della casa e la spesa.

Oggi non ho concluso la mia lista perché ero troppo demotivata per fare qualsiasi cosa.

Questa è una di quelle giornate in cui mi manca casa, mi mancano i pranzi con i miei genitori e i miei fratelli, e mi manca la stufa in salotto.

Mi manca la passeggiata dai nonni e mi manca l’aperitivo con gli amici della domenica. Mi mancano i miei adorati gatti.

Dopo aver guardato per l’ennesima volta l’orologio del telefono, decido di fare una doccia e uscire prima del solito per andare al corso di inglese che mi preparerà al test di ammissione al master che intendo fare qui nei Paesi Bassi.

È inutile restare a casa a rimuginare: meglio non correre come al solito, e prendere un po’ d’aria fresca, anche troppo fresca.

Quando arrivo, vedo Emine nella canteen della scuola quasi alla fine dell’insalata che si è portata per cena prima di iniziare il corso.

La raggiungo e cominciamo a parlare.

Mentre lei mangia io mi prendo un bicchiere d’acqua, giusto per avere qualcosa da fare e non sembrare troppo invadente.

Dopo 10 minuti stiamo ancora parlando, non abbiamo esaurito gli argomenti e il nostro inglese imperfetto non è un ostacolo.

Ad un certo punto, Emine estrae dallo zaino tre piccole zollette rosa, le accomoda in una tazza, ci versa sopra dell’acqua calda presa dalla macchinetta, mescola con un cucchiaino, mi porta il tutto alla bocca e mi dice di assaggiare.

Io mi sento confusa: da mesi sono abituata alla freddezza cortese tipica degli olandesi e questo invadere lo spazio personale mi scuote, ma mi fa piacere.

È un particolare tè turco per il mal di gola e il raffreddore. Particolarmente denso e saporito, mi fa pensare a spezie e sapori lontani.

Le dico che mi piace molto e lei prende immediatamente un’altra tazza di acqua calda e ne prepara uno anche per me.

Lo portiamo entrambe in aula visto che ormai è ora di cominciare la lezione.

Quando entro, mi accorgo che nel posto vicino al mio si è seduta Rosio, una compagna di corso peruviana dalla faccia divertente piena di lentiggini.

Mi stupisco ancora.

Le prime settimane di corso tutti e cinque ci sedevamo lasciando un posto di distanza gli uni dagli altri.

Oggi lei, pur avendo trovato le mie cose sul tavolo, ha deciso di sedersi comunque vicino a me e fa un grande sorriso quando mi vede.

La lezione comincia, ci scambiamo battute sulle nostre gaffe e, con la simpatia della nostra insegnante portoricana, le due ore passano velocemente.

Alla fine della lezione ci ritroviamo tutti fuori a parlare e il mio compagno Ahmed propone di creare un gruppo Whatsapp per condividere materiale extra e soluzioni agli esercizi.

Ana Paula, una ragazza brasiliana dolcissima, raccoglie tutti i numeri di telefono e crea il gruppo.

Le ragazze sono entusiaste, ma sono sicura che non sia solo per una questione di didattica.

Sembra che tutti, non solo io, siano contenti di scambiarsi i numeri di telefono.

Ora possiamo contattarci: siamo più vicini e abbiamo numeri da aggiungere alla nostra rubrica olandese.

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Quando ci lasciamo, io e Ahmed andiamo nella stessa direzione.

Lui continua a chiacchierare e mi dice che ha contattato un amico della sua ragazza olandese che sta frequentando un master proprio all’università a cui vorrei fare domanda di ammissione, e che può organizzare un incontro per potergli fare qualche domanda riguardo ai corsi.

Durante una delle scorse lezioni, gli avevo raccontato che avevo qualche perplessità sui corsi e sui documenti richiesti; lui non solo se ne è ricordato, anzi, si è mosso per aiutarmi scomodando un amico.

Lo saluto e lo ringrazio e mi dirigo verso la fermata della metro per tornare a casa con il sorriso.

Beh, è in giorni come questo che capisco perché ho scelto di partire, come mai avevo tanta voglia di andare lontano dalla mia famiglia, dalla mia casa e dalla mia routine.

Perché oggi, in un solo giorno, anzi, in un solo pomeriggio, ho bevuto un tè turco buonissimo, ho scherzato in inglese con due ragazze che sono nate letteralmente dall’altra parte del mondo e ho un appuntamento con un ragazzo marocchino per parlare del mio master.

Cosa posso desiderare di più?

Io, che ho sempre voluto vivere in una città storica tra viuzze e grandi chiese, mi ritrovo felice in una città di grattacieli.

Vivo in mezzo a persone che vengono da ogni parte del mondo, che hanno storie completamente diverse dalla mia ma anche molto simili.

Tutti siamo expat partiti da lontano e abbiamo trovato un po’ di pace qui, chi per anni, chi per sempre, chi per qualche mese.

Mi reputo fortunata ad aver conosciuto queste e le tante altre persone incontrate fino ad ora, perché ognuna di esse mi ha arricchito.

Non so se il mio destino sarà qui, in Italia o altrove; in fondo ho solo 22 anni e ancora un sacco di scelte da fare, ma so che questo è quello che mi piace.

Mi piace andare lontano, dove non conosco posti e persone, e lasciarmi stupire da quanti sorrisi e facce amiche si possono trovare.

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