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Senegal: essere expat ma non ancora amica

di Raffaella Senegal
senegalIo sono sempre stata una grandissima chiacchierona: anche quando non avevo nulla da dire, io parlavo.
Mia madre spesso mi diceva che nessuno mi obbligava a parlare in continuazione e che, ogni tanto, qualche pausa me la potevo prendere. Ad un certo punto, verso gli otto o dieci anni di età sono stata  soprannominata “radioletta“: non mi scaricavo mai.
La verità è che sono sempre stata molto ansiosa ed insicura e, all’epoca, poco riflessiva. Pensare di avere sempre qualcosa da dire, mi aiutava ad illudermi sul livello della mia autostima.
Durante l’adolescenza ho capito l’importanza delle pause, lunghe pause di silenzio, quelle in cui rimetti tutto in discussione, quelle nelle quali butti tutto dentro a un gran calderone e mescoli: mescoli i momenti belli e quelli brutti, quelli catastrofici e quelli del tipo “no dai che ce la posso fare”, mescoli le lacrime e le risate, i successi e gli insuccessi e poi resti ad osservare cosa ne esce per capire come meglio continuare.
Queste pause silenziose mi caratterizzano ancora adesso qui in Senegal, anzi, soprattutto qui in Senegal.
E’ totalmente involontario, arriva: arriva il giorno in cui chiudo la bocca, osservo e rifletto.
Puntuale uno di questi momenti, il più critico direi, si presenta al ritorno dalle vacanze estive in Italia. Ogni volta accuso pesantemente le diversità, soprattutto quelle nelle relazioni e nella gestione dei rapporti. Essendo donna, ovviamente, mi interrogo molto più sulle relazioni femminili e, a costo di attirarmi le ire di molti che non la pensano come me, per ora la mia conclusione è che qui avere dei legami sinceri, soprattutto fra donne, è di una difficoltà incredibile. 
dakar-roof

Dakar: vista sui tetti

Vivo a Dakar da 4 anni a mezzo e non ho una sola amica senegalese. Conoscenti con le quali avere un rapporto cordiale e un confronto piacevole si, ne ho, ma una “vera amica” con la quale uscire, raccontarsi in tutta sincerità, ridere, o piangere dei propri mariti o dei propri figli no, non ce l’ho, e comincio a convincermi che forse non ce l’ avrò mai.

A tutt’oggi non c’è una sola donna senegalese che io chiamerei in caso di reale bisogno di supporto di qualsiasi genere.

Ovviamente mi sono messa in discussione, e continuo a farlo, e mi sono chiesta se, per caso, non fossi io il problema.
Ammetto che i primi tempi avevo alzato molti muri per difendermi da tutto ciò che era nuovo e non conoscevo, compresa la gente del posto e le loro abitudini.
Con il tempo però questi muri sono crollati, oggi lavoro solo con colleghe senegalesi ma le difficoltà ad entrare in sintonia con le donne locali sono ancora tante.
Mi sono confrontata con altre amiche italiane e anche di altre nazionalità e nessuna di loro, anche chi vive qui da molti più anni di me, può dire di avere una amica senegalese.  
treccineSono le priorità ad essere completamente diverse tra me e loro.
In Senegal la pratica della poligamia è ancora molto diffusa e questo fa si che fra donne, fin da piccole, ci sia rivalità.
Qui si insegna da subito l’arte della seduzione e si fa a gara a chi ha le treccine più belle o le unghie meglio dipinte, a chi ha il vestito più bello e cucito con il tessuto più prezioso per la Tabaky o la Koritè, feste molto sentite in Senegal in cui si celebra, rispettivamente, il ricordo del sacrificio di Abramo e la fine del Ramadan.
L’apparenza.
Ogni tipo di relazione è basata sull’apparenza: come ti vesti, come ti trucchi, le scarpe, la borsa, gli orecchini e gli anelli. Mostrare che si ha di più, ad ogni costo.
Conosco donne, mamme, che non hanno mandato i propri figli a scuola per mesi perché non potevano pagare loro i libri, ma che hanno preteso che il marito regalasse loro orecchini d’oro al compleanno per poi farsi bella agli occhi delle amiche, le quali non si sono mostrate per nulla scosse all’idea che quegli orecchini avessero compromesso l’istruzione dei figli della festeggiata.

Posso risultare snob, presuntuosa o, addirittura razzista, ma, non penso di poter entrare in sintonia con queste signore.
Non penso che potrei mai passare mezza giornata a rivoluzionarmi la testa dal parrucchiere sapendo che mia figlia il giorno dopo andrà a scuola impreparata perché, invece che investire nei suoi libri, ho preferito pagare per delle trecce lunghe fino al sedere allo scopo di piacere a mio marito ed evitare che lui vada a cercarsene un’altra. Non entra nella mia testa, non voglio nemmeno che mi entri!
Dakar-Marabout

Dakar-Marabout

Si dice tanto anche che qui le donne accettino la poligamia e che il rapporto fra “co-épouses” sia molto sereno perché basato sull’amore per lo stesso uomo, ma è proprio in questi casi che la concorrenza si fa spietata.  Anche perché, in realtà, di amore ce n’è ben poco.

Mi hanno raccontato cose incredibili in merito, alcune davvero sconcertanti che coinvolgono quasi sempre un “marabout“: figura tipica senegalese, rigorosamente uomo, un mix fra capo spirituale, guaritore-santone-stregone che, in cambio di soldi, a volte davvero tanti, suggerisce quale sacrificio sia meglio fare perché il desiderio si avveri.
Pare dunque che molte donne costrette a dividere il marito con altre mogli si rivolgano a questi marabouts perché le aiutino ad essere le preferite del consorte. La richiesta più frequente è che l’altra moglie, o le altre mogli, non possano dare figli in modo che il marito non le consideri troppo positivamente.
La richiesta più scioccante, ovviamente, è la richiesta di morte delle rivali ma la più assurda, per me, è la seguente: il restringimento delle parti intime femminili atte al rapporto sessuale per poter dare il massimo del piacere al consorte! Esistono pastiglie che, per qualche ora dopo l’assunzione, agiscono sui muscoli e i nervi dell’apparato sessuale femminile dando così la possibilità all’uomo di ottenere il massimo godimento durante un rapporto. 
Io, quando me lo hanno raccontato, per altro raccomandandomene l’uso, non avevo parole: una signora di qualche anno più di me, che mi diceva che una volta passato l’effetto delle pastiglie, si sta parecchio male, si sentono forti crampi addominali. Tuttavia, vedere il marito pienamente soddisfatto, ricompensa di tutto. Ricordo che davvero non riuscivo a parlare, ad avere reazioni, incredula.
Così, pur rispettandole, davanti ad alcune tradizioni locali con le quali mio marito è cresciuto (mio suocero ha avuto 6 mogli e 17 figli), io ancora non riesco a fare altro che chiudere la bocca, osservare e riflettere.
Voglio aggiungere, perché è vero ed è giusto dirlo, che ora molte donne, le più giovani soprattutto, non ragionano più così: conoscono l’importanza di avere un’istruzione, un lavoro che possa soddisfarle non solo a livello economico, e vivono relazioni monogame basate sull’amore e sul rispetto.
Purtroppo, però, sono ancora poche, troppo poche!

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7 Commenti

Annamaria Zanzibar 07/12/2016 - 14:28

cara Raffaella
ti potrei dire la stessa cosa di Zanzibar.
Nemmeno io,dopo 10 anni di vita qui,posso dire di avere un’amica locale.
Troppe le diversità e come dicevi tu le priorità.
Mi son messa in discussione molte volte,ma penso che noi bianche restiamo pur sempre delle straniere,delle muzungo.Anche se ho lavorato con una signora locale con la quale avevo un buon rapporto,ho saputo molte cose di lei da altri,cose che nemmeno immaginavo.Magari lei,pur volendomi bene,pensa lo stesso di me.
Purtroppo il back ground è troppo diverso e cose che per noi son scontate qui da loro non lo sono.
C’è poi il discorso della poligamia che apparentemente viene accettata,ma che di fatto causa sofferenza.
Penso che pure qui le donne facciano a gara per accaparrarsi le attenzioni dei mariti,mariti che nella maggior parte dei casi si fanno gli affari loro preoccupandosi solo di continuare la specie.
Ricordo durante un viaggio in Senegal di aver parlato con la moglie di un amico del ragazzo che ci ospitava,la quale ci disse di preferire la poligamia al fatto di esser tradita di nascosto dal marito.Perciò nel contratto matrimoniale aveva firmato la clausola nella quale si dichiarava a favore della poligamia.Di fatto il marito la tradiva di nascosto.La donna era laureata e parlava fluentemente inglese e francese.
E’ duro ammetterlo,ma siamo davvero diverse in questo.

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Raffaella 09/12/2016 - 22:32

Annamaria è verissimo, è così. L’ho ormai accettato e, nel rispetto delle diversità, prendo le distanze da ciò che proprio non riesco ad interitiorizzare: lottare con altre donne per avere l’esclusiva! Anche io ho una collega con cui mi intendo bene, laureara in psicologia, non è sposata e non ha figli ma anche lei punta molto più sull’apparenza che sulle sue altre qualità e così, inevitabilmente, la nostra intesa ha dei limiti. Peccato..

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Margherita 09/12/2016 - 13:48

Cara Raffaella, la serenità sta nell’accettare le cose che non puoi cambiare e mi pare evidente che questa distanza culturale immensa non la potrai mai cambiare. Sono sicura che la vita però ti riserverà altre belle sorprese. In bocca al lupo.

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Raffaella 09/12/2016 - 22:38

Grazie mille Margherita, è vero che accettare le diversità ti aiuta anche a viverle meglio ed è proprio questo che sto cercando di imparare!
Grazie

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Katia 10/12/2016 - 14:14

Grazie Raffaella,

Una testimonianza diretta della mentalità femminile in Senegal, che è molto interessante conoscere. Difficile commentare sulle tradizioni e le pratiche in uso per cercare di puntare tutto sulla propria capacità di sedurre i mariti. Per quel che riguarda le amicizie femminili è un peccato che tu non possa avere maggiore accesso e successo. Mi auguro che perseverando a mantenere uno sguardo aperto su tutto e tutti, un giorno tu faccia un incontro fortunato. Nei rapporti umani le forzature non portano a nulla. E le tue pause riflessive te lo hanno già rivelato. Coraggio non demordere!! Un carissimo saluto da Katia G. – Johannesburb

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Raffaella 11/12/2016 - 09:33

Grazie mille Katia,
Il Senegal è davvero un paese complesso per le relazioni interpersonali lo dice spesso anche mio marito che ci è nato e cresciuto. Non forzo nulla, come ben suggerisci tu, la vita è una rivelazione continua, tutto può accadere.

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Sara 07/09/2017 - 13:51

Ho vissuto due anni in Senegal e posso solo dire ognuno ha il diritto di vivere le proprie radici e convinzioni anzi deve! Ho legato amicizia sincera con tante persone di quel Paese. Non dovevo per forza accettare tutte le abitudini di vita. Questo mi ha aiutato ora che sono tornata. Ho capito che vale anche il contrario. Mi sono avvicinata ancora di più a quella cultura soprattutto perché molti senegalesi che vivono qui hanno il tuo stesso problema. Non accettano più di essere spennati vivi per Tabaski o Magal. È in corso un cambiamento generale che coinvolgeraá un’ intera generazione. Ci vuole tempo…… Molto tempo…ma prima o poi tutti capiremo bu neke Yallah sugnu borom!!

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