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Seychelles, pescatori, leggende

di Katia
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Deve esserci stato un momento in cui qualcuno, durante la pesca, ha  visto qualcosa in mare, qualcosa di strano, qualcosa di grosso, qualcosa di indefinibile. Forse un pesce, o forse una tartaruga, o forse  un sacchetto di plastica portato dalle onde.

Un oggetto  che nella mente del  pescatore ha scatenato gli scenari più bizzarri.

Da  quell’istante ha avuto  inizio la propagazione inarrestabile di una storia che sarebbe diventata leggenda.

Il pescatore torna a riva e chiama  a raccolta i propri compari narrando la sua visione,  arricchendola di particolari e dandole colore: ora non solo gli occhi avevano visto ma anche le orecchie avevano udito,  anche le mani avevano toccato;  pure il naso aveva percepito quell’odore acuto e dolce ma in qualche modo inquietante.

La notizia si diffonde ed i cellulari iniziano a mandare segnali di ricezione messaggi  che, una volta letti, mettono  subito il ricevente in una condizione di euforico desiderio di passare la notizia a qualcun’altro.

Nel giro di poche ore tutta l’isola di Praslin, una popolazione di circa 2000 persone, è al  corrente dello stravagante fatto. Il  giorno dopo da Mahe, con i suoi quasi 90.000 abitanti e con la capitale Victoria che si erge  a « faro » del  paese,  giungono aggiornamenti sugli sviluppi della vicenda via radio.

Il  terzo giorno anche il quotidiano più popolare delle Seychelles  ha voluto dedicare un articolo al fortunato pescatore ed al suo eccezionale avvistamento.

Il quarto giorno ne ha parlato la TV locale, ed a quel punto il delirio ha dilagato senza freni.

Tutta l’umanità che abita questo Arcipelago,  in quei giorni memorabili, ha voluto fortemente credere ai fatti cui il pescatore sarebbe stato testimone,  ed ha nutrito gli animi con la  propria fede nella veridicità del  racconto,  fino a coinvolgere anche i  più refrattari, fino a far sì che tutti, ma proprio tutti, fossero attivi sostenitori di un evento straordinario.

Io, sbigottita, unici occhi a non vedere, unica bocca a tacere, unico cervello a registrare  il crescendo della follia generale, restavo seduta a guardare dalla finestra l’incresparsi del mare,  prendendomi  in faccia le raffiche di vento  che soffiava forte da sudest, in attesa di non so cosa. Forse la situazione era talmente rara e surreale che, chi come voi la sta apprendendo attraverso queste poche righe, crederà che mi sia divertita ad esagerare. Invece no: una comunità che vive isolata  si crea la propria idea di realtà e la plasma a piacimento, incurante della sua aderenza alle cose e ai  fatti.

Per  quattro giorni la visione del pescatore  è  stata oggetto di avvistamenti plurimi  e di sconcertanti asserzioni al riguardo.

Poi, dal quinto giorno, ogni cosa  ha iniziato a sfumare: il  clima di eccitazione generale si è smorzato, gli echi si sono spenti, i giornali sono stati ripiegati  e la gente è tornata lentamente alle propria vita sonnacchiosa,  sotto il sole implacabile dell’equatore.

Della  Sirena delle Seychelles, oggi, se ne parla solo sottovoce e con un filo di nostalgia.

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