Sogno di una notte di mezzo inverno
Notte infernale.
È notte fonda, sono le tre. La mente, neanche avessi bevuto quattro espressi di seguito, è stranamente sveglia, lucida, attenta; intenta a riprendersi da un’angoscia improvvisa.
Il sogno che si è appena consumato nella testa, ha lasciato una traccia tangibile.
Desiderio di chiarezza e comprensione.
Il sonno sembra essersi dileguato tra le particelle d’ossigeno della stanza. Da lì a breve, il letto diventa un luogo di tortura.
Mi muovo piano, più piano.
L’uomo che dorme al mio fianco a volte può avere un sonno leggero; mi sentirei in colpa se lo svegliassi ora, quando tutti i cristiani di questo mondo hanno diritto a riposare, al termine di lunghe giornate di lavoro.
Cerco allora un’altra posizione, ma il ricordo del sogno che mi ha svegliata all’improvviso mi mantiene vigile, anche se è ancora ora di dormire.
Ho bisogno di capire, mi sento molto confusa.
L’angoscia del sogno mi tiene sveglia.
Mi prendo in giro da sola e decido di occupare qualche istante per cercare di interpretarlo. Chiarito questo, ritornerò da brava a fare la nanna, promesso.
Ma è una pessima idea: non ottengo altro che mantenermi ancora più attenta e concentrata lassù, nella piccola centrale nucleare della testa.
A pancia in sotto, ora sì che funzionerà. Era la mia posizione preferita da bambina e lo è rimasta.
In questa posizione posso concentrarmi sul ritmo del cuore, assecondarlo a quello del respiro, aprire bene la schiena, allungare le gambe completamente.
Dunque, come finiva quindi di preciso il sogno? Come devo interpretarlo esattamente?
Così non va, non succede niente, niente di buono perlomeno.
Mi giro a pancia sopra.
Se facendolo finirò per svegliare il mio uomo, pazienza eh?
Mi spiace, peggio per lui. L’insonnia rende cattivi rapidamente.
Già le quattro passate.
Ridendo e scherzando si è volatilizzata un’altra ora. E chi me la restituisce, domani?
Niente, non c’è verso.
Sono irrimediabilmente, assurdamente e maledettamente sveglia!
Io.
Devo.
Dormire.
Dormire, dormire, dormire.
Devo rilassarmi.
Savasana, la posizione del cadavere, l’ultima sempre a chiudere qualunque pratica di yoga, di qualunque scuola e filosofia yogica si tratti.
Ochei, Savasana.
Supina, dovrei allargare un po’ di più braccia e piedi laterlamente ma pazienza, non ho abbastanza posto qui.
Faccio un ultimo tentativo.
Allora: respiriamo.
Dalle narici, piano, sempre di più se possibile, per poi espirare, sempre dalle narici.
Concentramoci sulla sensazione dell’aria che entra fresca e fuoriesce un po’ più tiepida.
Il mio sogno mi lascia confusa.
Uhm.
Sopraggiunge il pensiero di quel sogno bislacco, di quella corsa con due valigie in mano lungo un binario infinito, delle mie compagne di corso dell’India che dai finestrini gridano il mio nome.
Io piazzo lo stupido bagaglio sul treno e un’istante dopo quest’ultimo parte, ma la porta mi si chiude in faccia di colpo, fatale, e io non lo riesco a prendere
Rimango lì impietrita e incredula, sul binario deserto.
Ok, va bene. Tanto non c’è soluzione, finché non capisco non mi darò pace.
È dura da ammettere, perché sono un’insegnante di yoga e la gente da me si aspetta non solo che io la renda più consapevole e calma, ma in primo luogo che ad essere consapevole e calma sia proprio io.
Ma io non sono mica perfetta.
So che sono solo un essere umano che cresce, un albero sradicato che si è auto-piantato, nuovamente.
Attecchirò?
Ma soprattutto, porterò frutto ancora?
Lo so che fa paura ricominciare, ma sai che c’è? È perfettamente naturale quello che mi sta succedendo.
Lo posso e lo devo ammettere: e poi basta, pace.
Ho ricominciato un’altra volta da zero, come pretendere che non sia faticoso, o doloroso o incerto, anzi, parecchio incerto?
Come pretendere di non aver timore di perdere il mio treno, il treno dello yoga, visto che, dall’arrivo in Belgio, ho sentito quella parte di me che esprimo – soprattutto in questo campo – essersi allontanata da me, o io da essa?
Ho visto me stessa, nella pratica personale, vacillare, esitare, fare stranamente fatica.
Eppure…
Prendere coscienza, accettare, fare pace con il disagio nascosto.
La rassicurazione di aver finalmente colto il senso del sogno e di aver ammesso cosa c’è che mi lavora dentro mi invade come una coperta interna, che rassicura e riscalda corpo e spirito.
Non so bene come o quando: faccio i conti con ciò che davvero succede ora. Sono io, totalmente nella mia verità e vulnerabilità, accetto e comprendo i limiti di questo momento.
E l’orologio interno si altera all’istante.
I secondi si allungano tra i respiri più profondi, i minuti si distendono di più, come le mie membra combattive, arrese adesso; le ore si dilatano inspiegabilmente.
Quest’ultima frazione di riposo benedetto, che riesco ad assaporare dolce, intensa e morbida fino alle prime luci dell’alba, mi avvolge in un sonno leggero ma ristoratore.
Ho una nuova chiarezza.
Ritemprata, mi alzo davvero in pace.
Mi cambio quasi ad occhi chiusi, al buio.
Percorro i pochi gradini della scala che mi separano dal mio tappetino e accendo una candela.
Lo srotolo, mi siedo, respiro e do inizio ad una nuova giornata, sciogliendo il mio corpo piano, con rispetto e con tutto l’amore che ho per me stessa.
Stanotte, con questo sogno di mezzo inverno è nato il nuovo progetto nella mia testa.
So cosa fare. Cosa voglio fare.
Dal sogno angosciante è nata in realtà una nuova e serena chiarezza.
Ho posto il primo seme del nuovo albero. Crescerà pian piano anche qui, forte e rigoglioso.
Respiro esultante!
Chi sono
11 Commenti
Cara Katia,
Ti ho letta con immenso piacere. L’altro giorno tra i miei appunti scrivevo: “se un sogno non ti lascia dormire, allora è quello giusto!”. Potrei dedicarti questa frase. 😉
Anche a me a volte capita di svegliarmi nel cuore della notte e non riuscire a prendere sonno e pensare e ripensare. Quando si trovano però le risposte, possiamo vivere il nostro sogno di giorno, tassello per tassello.
Sono contenta che hai trovato le tue e sono sicura che, con questo spirito, vivrai la tua nuova avventura circondata da una fortissima energia.
Un caro abbraccio
Fabiola – Mallorca
Cara Fabiola,
Grazie per le tue parole gentili ed il tuo entusiasmo per me. Il nuovo progetto, nato in quella stessa notte, sta prendendo forma e di nuovo mi lascia un po’ con il fiato sospeso, ma sono felice di portarlo avanti e dedicare le mie energie in questa direzione, dopo così poco tempo dal mio trasferimento ad Anversa. Avere un sogno è il fuoco che arde le nostre passioni. È così importante!
Con affetto,
Katia
Incantata, come srmpre, dalle tue parole che scorrono veloci, fluidi e avvolgenti. Felice dei tuoi nuovi propositi… credo che dovrò scrivere una lettera anche a te🤔🤔🤔
Carissima,
grazie dei graditi complimentoni!
Credo che sarei molto onorata di ricevere una lettera da te! 😉 Quando vuoi…
Con affetto sincero,
Katia
Riesci ad esprimere, a darti e a coinvolgere. Bravissima.Auguri per il tuo nuovo progetto ma sei già vincente
Bellissimo Katia, complimenti!
Chiara
Grazie mille! È una piccola grande prova, vedremo!!! Un giorno alla volta, un passo alla volta. Sono una donna privilegiata. Ogni ora del mio tempo è piena di sapore. Mi godo tutto. Penso di aver compreso. Se possibile, lo vorrei condividere.
Grazie mille Chiara!
Molto gentile.
Katia
Ecco Savasana… comprendo appieno quanto tu scrivi… e anche se sei lontana mille miglia e più, t’immagino sai cara amica mia mentre ti giri e ti rigiri nel tuo letto olandese in piena notte!
Ti vedo… ma sono fiera di te e di quello che piano piano stai conquistando… semino dopo semino tra non molto ti ritroverai un albero forte e rigoglioso e allora vedrai che frutti saporito potrai finalmente assaporare!
Ti abbraccio con immensa gioia cara Amica mia.
Quante volte è capitato anche a me di rigirarmi nel letto per ore a pensare se quella che percorrevo era la direzione giusta. Ancora non l’ho capito, ma da quando sono qui dormo bene.
Il tuo racconto mi ha coinvolta molto, e poi prendere il certificato come insegnante di yoga è uno dei miei progetti in futuro. Complimenti per l’articolo.
Alessandra – Cina
Brava!!! Avanti così… Un abbraccio grande grande 😍 😘 🙏❤️