Why not? Stravolgere il proprio lavoro a 45 anni si può!
Testimonianza inviataci da Merylu, Irlanda
Si puo’ cambiare lavoro all’età di quarantacinque anni per puro desiderio di reinventarsi e non per una necessità economica?
Why not?
Mi sono trasferita a Dublino tre anni fa ed ero una veterinaria.
In Italia lavoravo nei pronto soccorso veterinari e mi piaceva anche quella sensazione di correre sempre sul filo del rasoio tra la vita e la morte, quella sensazione di fare la differenza nell’aiutare un altro essere vivente.
Mi stavo specializzando, inoltre, nell’ambito comportamentale.
Avevo fatto la tesi di laurea parlando di Zooantropologia Cognitiva, di antispecismo, di modelli etici applicati nei canili.
Insomma, il mio lavoro mi appassionava o almeno credevo questo.
Quando mio marito ha avuto un’offerta di lavoro all’estero che gli avrebbe finalmente permesso di far crescere la propria carriera, cosa che in Italia gli sarebbe stato difficile, ci siamo fatti due conti in tasca.
Io e lui, restando in Italia, avremmo guadagnato di meno rispetto allo stipendio che gli avevano offerto per accettare il lavoro all’estero.
Nel trasferimento ho preparato tutti i documenti e i titoli di studio tradotti in inglese per far accreditare la mia carriera qui in Irlanda.
Mi sono iscritta all’ordine veterinario locale.
Ho fatto un periodo di “osservazione” in alcune cliniche veterinarie dublinesi che mi hanno gentilmente ospitato. Questo mi è servito per capire le differenze nelle pratiche sanitarie rispetto all’Italia.
Infine, mi sono messa a studiare inglese, del quale avevo solo alcune basi grammaticali.
In questi tre anni però, non ho mai lavorato come veterinaria, qui.
All’inizio mi dicevo che non ero sicura del mio inglese.
Poi che la mia branca di specializzazione era del tutto ancora sconosciuta (l’Irlanda rispetto all’Italia è ancora molto arretrata rispetto ai diritti degli animali ed alla loro percezione in ambito sociale).
Poi che le offerte di lavoro che trovavo erano logisticamente troppo lontane da casa e che non valeva la pena nemmeno provare a fare il colloquio.
Nel frattempo restavo sempre iscritta al Veterinary Council of Ireland perché, almeno sulla carta, volevo sentirmi ancora un veterinario.
Tutte le precedenti motivazioni a non cercare lavoro come veterinaria a Dublino erano però, di base, tutte scuse che mi creavo nella testa.
Il reale motivo di questo mio temporeggiare era che, una volta prese le distanze da quello che credevo fosse la mia “missione di vita”, non mi mancava affatto essere un veterinario.
Solo prendendo le distanze da quel lavoro, mi sono accorta di quanto stress emozionale avevo accumulato negli ultimi anni.
Di quanto mi pesasse emotivamente affrontare il lutto per un mio paziente, di come mi sentissi empatica con i loro proprietari e come mi sentissi impotente davanti all’inevitabile.
Ho capito, solo prendendo le distanze, che anche la strada della specializzazione sul comportamento animale che avevo intrapreso era per me un modo di prendere “spazio” da quella che era la malattia fisica di un altro essere vivente.
Vi starete chiedendo: ma non lo sapevi prima di iscriverti alla facoltà di Veterinaria che tipo di lavoro andavi a fare?
In realtà no, perchè in Italia non facevamo una work experience, prima di scegliere la facoltà da frequentare, come invece adesso si usa fare.
Da ragazza, avevo letto tutti i libri di James Harriot e mi ero fatta un’idea romantica della professione del veterinario, non considerando minimamente il fatto che la realtà è ben diversa dal racconto letterario.
Così, scoprii che il veterinario non è solo il buon vecchio James, ma lo sono anche gli ispettori ai macelli, e lo sono spesso anche i vivisettori in alcuni laboratori.
Ma, soprattutto, veterinario è anche colui che soffre della “sindrome da burnout”, uno stato depressivo che coinvolge molti operatori nel settore sanitario.
Sindrome che, tra le altre cose, ti porta a spegnere, per sopravvivere al dolore, l’interruttore delle emozioni.
Queste ultime, se non vengono espresse, trovano altre vie per farsi sentire: ansia, malesseri fisici.
Quando mi sono iscritta alla facoltà di veterinaria sono entrata inconsapevolmente in un circolo vizioso emotivo che è difficile da spezzare e che fa più o meno così:
- Ti sei iscritta ad una facoltà che magari non è proprio come ti aspettavi ma vuoi terminare quello che hai intrapreso;
- Temporeggi a fare gli esami. Con il senno di poi, capisci che la motivazione non era la tua non voglia di studiare, ma quella di non arrivare rapidamente al traguardo che non avresti voluto affrontare;
- Più passa il tempo e più le aspettative dei tuoi genitori crescono, spendono soldi per te, e tu ti senti in colpa e non vuoi deluderli;
- Senti che devi portare a termine quel risultato e, abbandonare quel percorso di studi quando ormai sei quasi in dirittura d’arrivo, non ti sembra possibile: alla fine “quel pezzo di carta” avrà per sempre un valore (come i diamanti!);
- Finalmente, poi, hai quel benedetto pezzo di carta che certifica che sei un Veterinario e vieni risucchiato nel mondo dello “schiavismo da tirocinante post laurea”, turni assurdi e tante responsabilità, venendo pagata, se sei fortunata, quattro spiccioli (spesso lavori gratis, manodopera per formazione professionale);
- Vuoi mollare tutto, ma finalmente trovi un lavoro retribuito quantomeno in linea alla media italiana (bassa rispetto all’estero);
- Ma le tasse che la previdenza sociale veterinaria ti chiede da pagare sono una roba assurda, che tu stia già lavorando oppure no e, quindi, alla fine ti trovi comunque a portare a casa pochi spiccioli che ti serviranno per pagare gli aggiornamenti, l’iscrizione all’ordine di categoria, i libri di testo e insomma… mai una gioia;
- Ma la cosa assurda è che, quando sei dentro a tutto ciò, non sei capace di ascoltarti perché sei costretta a tenerti a galla giorno dopo giorno per non affondare.
Solo prendendo le distanze da tutto ciò, mi sono sentita finalmente libera di ascoltarmi e di comprendere cosa volevo fare nella mia vita.
Ho preso tempo per me stessa e mi sono iscritta ad un corso di gioielli.
Niente di particolare, eravamo tutte donnine irlandesi (escluso me italiana) in cerca di un po’ di spazio per noi stesse.
Chi lontano dai figli, chi per impiegare tempo durante le giornate da pensionata e chi, come me,“giovincella nell’anima”, che si interrogava sul cosa fare da grande o prima dell’arrivo della menopausa.
Quegli incontri settimanali mi facevano bene, mi rilassavano e, soprattutto, davano spazio alla mia anima che per anni avevo tenuto repressa e confinata solo come frivolo passatempo.
Durante il resto della settimana ho continuato a “studiare gioielli”: tecniche per farli, materiali diversi. Alla fine, mi sono imbattuta in una tecnica che da subito mi aveva colpito moltissimo: il Soutache.
In pratica, è una tecnica di ricamo che in passato era usata solo nella sartoria, ma con il tempo è diventata un modo per creare accessori di moda.
Si utilizzano corde colorate di tessuto di varia natura, sintetico e naturale, con il quale si avvolgono pietre dure, cabochons, perle.
Come ogni tecnica di ricamo, richiede pazienza, precisione e tempo: tempo per me stessa, finalmente!
Con il Soutache potevo finalmente dare spazio alla mia creatività nel creare gioielli vistosi, che ho sempre amato, ma essendo fatti di stoffa sono davvero leggerissimi e confortevoli da indossare.
Finalmente, rispolveravo quello che erano le mie passioni da ragazza: l’uso del colore, l’amore per i gioielli, la voglia di dare espressività al mio Io interiore.
Il tutto condito con un affettuoso ricordo a mia nonna, che non c’è più da qualche anno, e a quando la osservavo da ragazzina mentre creava e cuciva vestiti per me.
Ma come ho trasformato quello che per me era un hobby, un passatempo, in un lavoro a tempo pieno?
Per me la parte più difficile è stata quella di ammettere a me stessa che potevo cambiare lavoro per il solo piacere di volerlo fare.
Mi spiego meglio.
Noi donne siamo bravissime nell’arte del reinventarci e, soprattutto negli ultimi decenni e a seguito della crisi economica mondiale, tantissime di noi hanno perso il lavoro e, per forza di cose, sono dovute “rinascere” in altre professioni.
Questo cambio di carriera avvenuto per emergenze economiche è, forse, da me, culturalmente più facile da accettare rispetto a chi invece decide di cambiare carriera per il semplice fatto che il lavoro che faceva prima non la soddisfa più.
Non so voi, ma io sono cresciuta a suon di voce di mia madre che ha “sacrificato se stessa per la famiglia”, con la sensazione di eterna gratitudine verso i genitori che mi avevano sfamato e dato un’istruzione e con l’idea che un lavoro artistico non era un lavoro degno di essere chiamato tale, semmai giusto un passatempo.
In quest’ottica, potete capire perché ci ho impiegato tre anni per decidere di revocare la mia iscrizione all’Ordine dei medici veterinari, senza la quale non posso più esercitare legalmente la professione che praticavo da moltissimi anni.
Sono stati tre anni in cui si sono alternati attacchi di panico e stress psicosomatico, tre anni in cui non volevo ascoltarmi per nulla.
Ma il mio corpo mi parlava, anzi, mi urlava ed alla fine, prima di cadere a pezzi, ho deciso di ascoltare la vera me stessa.
Il giorno che ho deciso di non iscrivermi più al Veterinary Council ho sentito come un fiume sciogliersi alla bocca del mio stomaco.
Il giorno in cui ho scelto il nome da dare alla mia nuova attività, “Vesuvio Jewelry”, mi sentivo come se stessi scegliendo il nome da dare al mio primo figlio!
Ho scelto questo nome perché sono di Napoli e volevo conservare un po’ delle mie origini anche all’estero; inoltre, la simbologia del vulcano (ceneri, passione, vita, vibrazioni) è una cosa importante in questo mio cammino di rinascita… e poi, vi dirò: è l’unico nome italiano che gli irlandesi pronunciano bene.
Il momento che ho ricevuto per posta le mie prime business cards, con il loghetto che avevo commissionato ad un’amica grafica, mi sono commossa, nel vero e proprio senso della parola.
Quando poi mi è arrivata la conferma della registrazione legale del nome della mia piccola attività mi è mancato il respiro e mi sono sentita come se stessi camminando sulle nuvole!
E ieri, quando ho venduto i miei primi due pezzi, un bracciale ed un paio di orecchini, cuciti da me partendo dal nulla, ottenuti grazie alla mia creatività e perseveranza, sono stata orgogliosa di me e di quei soldi guadagnati, come non mai in tutta la mia precedentemente carriera lavorativa.
Un’altra cosa mi ha emozionato ancora di più.
Questa signora che ha acquistato da me, mi aveva detto più o meno i colori che le sarebbero piaciuti per un paio di orecchini da regalare ad una cara amica e mi aveva descritto la persona che li avrebbe ricevuti.
Poi, non ci siamo potute accordare sulla creazione che le avrei fatto perché lei ha avuto un’emergenza ed ha lasciato Dublino per qualche settimana.
Nel frattempo, avevo lavorato ad un paio di orecchini, pensando alle poche indicazioni che mi aveva dato, ma così, senza impegno, come allenamento “empatico” più che altro per me stessa.
Qualche giorno fa, questa stessa donna mi ha contattato per acquistare questo regalo in urgenza perché sarebbe partita dopo pochi giorni per la Germania.
Non avendo il tempo di confezionarle un paio di orecchini personalizzati secondo sue specifiche richieste, le ho mostrato tutto il campionario che avevo, per farle scegliere quello che pensava andasse meglio per la sua amica.
Sapete quali ha scelto? Esatto, quelli che avevo creato autonomamente basandomi solo su quelle poche indicazioni datemi un mesetto fa.
La gioia che ho provato è stata immensa.
Avere la sensazione di essere sulla stessa lunghezza d’onda emotiva e di gusto di un altro essere vivente è qualcosa di indescrivibile per me.
Sapere che qualcosa che ho creato adesso andrà in Germania a rendere felice un’altra donna (o almeno lo spero!) che lo riceverà, mi rende incredibilmente grata al Fato per questa occasione ricevuta.
Se siete arrivate fino alla fine di questo lungo racconto, per prima cosa vi ringrazio del vostro tempo e vi faccio i miei complimenti per la vostra tenacia!
Ho scritto tutto questo “papiello”, come noi napoletani chiamiamo i racconti molto lunghi, per far comprendere a chi mi legge e a chi sta passando un periodo in cui si sente arenata e ferma che, se vogliamo, possiamo cambiare sempre e possiamo evolverci per il solo gusto di star bene con noi stesse.
E’ a voi che dovete rispetto tutti i giorni, è la vostra salute psicofisica che dovete coccolare tutti i giorni.
Non ascoltate gli altri, ascoltate solo voi stesse, perchè è con voi che starete sino all’ultimo respiro su questa terra.
Se pensate che la vostra carriera non vi renda sereni, se pensate che dovete cambiare qualcosa per stare meglio, fatelo.
Createvi occasioni per sperimentare nuove cose e comprendere cosa vi piacerebbe fare.
Createvi anche quello che io chiamo “cuscinetto di atterraggio”, per potervi lanciare in una nuova esperienza lavorativa pur restando con i piedi per terra.
Nel mio caso, sto arricchendo il mio curriculum vitae con altre esperienze lavorative differenti dalla veterinaria facendo volontariato in vari enti.
In questo modo, se un domani non dovesse per nulla andare avanti il discorso gioielli, potrò propormi sul mercato lavorativo in un altro ambito.
Studiate, studiate, studiate!
Non improvvisatevi, se volete dare un valore a voi stesse ed al vostro cambio di attività.
Personalmente sto studiando i materiali e le pietre da poter utilizzare nei miei gioielli, sto studiando la tecnica fotografica per rendere al meglio in foto gli oggetti che creo.
Sto anche studiando marketing e basi di finanza per gestirmi al meglio.
Cerco anche di migliorarmi nel disegno e sto vedendo tanti video tutorial di altre creative da tutto il mondo (ma quanto siamo generose noi donne a condividere il nostro sapere!), per imparare piccoli trucchi e suggerimenti utili.
Non abbiate vergogna di reinventarvi a qualunque età, perché è della vostra vita e della vostra felicità di cui parliamo.
Siate le più grandi fan di voi stesse!
Dopo questo racconto, vi vorrei lasciare un link dal sito irlandese Citizens Information che ho trovato utile per avere le informazioni su come avviare una piccola attività in Irlanda.
Se decidete di aprire qualcosa di davvero piccolo, come nel mio caso, rientrate nella categoria “Sole Trader”.
Sotto un certo fatturato non dovrete nemmeno caricare la VAT ( dell’ IVA) sui prodotti che vendete.
Sicuramente questo rende i prezzi più abbordabili, almeno per iniziare un’attività dal nulla.
Infine vi lascio k’indirizzo della mia pagina Vesuvio Jewelry FB, dove troverete le mie creazioni.
Tra le “note” della pagina, un po’ di storia sulla bellissima arte del Soutache.
Questo è il mio account Instagram dove mostro le mie creazioni.
Ed infine, qui il mio Etsy shop
Mi farebbe davvero immensamente piacere ospitarvi sui miei socials per mostrarvi i miei works in progress!
Special Guest