Paese che vai usanze che trovi.
E cibo che mangi.
In Catalogna questa è epoca di calçots e di calçotada. I calçots sono delle cipolle fresche, dolci e dalla forma molto allungata, con un sapore più delicato rispetto alla cipolla propriamente detta.
Si preparano a fiamma vivace sulla brace all’aperto. Il periodo dei calçots va da novembre ad aprile e i mesi di massimo consumo di quest’ortaggio sono gennaio, febbraio e marzo.
Il paesino d’origine dei calçots è Valls, vicino Tarragona, dove è tradizione fare la festa dei calçots ogni anno alla fine di gennaio.
L’etimologia deriva dalla maniera di coltivare quest’ortaggio: i germogli che crescono dalla cipolla iniziale vengono cosparsi di terra (calçar, la terra sulla pianta) affinché il germoglio possa nascere tenero e bianco.
Pare che siamo alle prese con un ortaggio pieno di vitamine e minerali, e gli si attribuiscono proprietà diuretiche, digestive, tonificanti e afrodisiache. Sembra che sia persino anticancerogeno!
Prima di mangiare i calçots, normalmente viene servito “pa amb tomaquet”: letteralmente “pane con pomodoro”.
Quando si tratta di prendere le parti dei catalani su tante questioni io lo faccio sempre, ma in questo caso proprio non posso. Quella che loro spacciano per una grande specialità catalana per me è semplicemente il classico pane e pomodoro di tutta la vita che mi preparava la nonna quando da piccola il pomeriggio vedevo Bim Bum Bam e facevo merenda.
Comunque, il pa amb tomaquet viene servito così: ti danno del pane affettato, un pomodoro intero e un aglio intero. Bisogna semplicemente tagliare un pezzo d’aglio, strofinarlo sul pane tostato, tagliare il pomodoro e passarlo sul pane, infine aggiungerci un po’ d’olio. Magari non ci strofinavate l’aglio, sulla vostra bruschetta, ma credo che chiunque abbia avuto un’infanzia sappia di cosa sto parlando. Da pugliese doc, mia nonna molto spesso mi dava le frise invece del pane ma siamo lì, la preparazione è quella.
Nell’attesa che arrivino i calçots, dunque, praticamente si mangia pane e pomodoro.
Vedrete che sul tavolo in molti ristoranti troverete anche un bavaglio e una salviettina umidificata al limone. Se poi il ristorante è molto organizzato, potete trovare anche dei guantini trasparenti, come quelli degli infermieri.
Tutto ciò è davvero necessario, perché vi sporcherete e il bavaglio va utilizzato dopo i calçots e prima del “postre”, cioè del dolce. Una volta che i calçots sono arrivati a tavola, bisogna “semplicemente” sbucciarli e, nel farlo, le mani diventano nere di brace. Una volta effettuata questa operazione, il calçots va immerso in una salsa arancione: la salsa romesco, molto saporita.
A questo punto il calçots è pronto per essere portato alla bocca e chi riesce a mangiarlo in un solo boccone è bravo. Io devo migliorare. A tavola in genere i calçots sono accompagnati dalla carne, dal vino rosso e anche dal “cava”, che è uno spumante tipico catalano.
La “calçotada” è un evento comunitario in cui si mangiano i calçots e che raccoglie sempre tanta gente.
Le “calçotades” all’aperto sono le più divertenti e sono quelle dove ci si sporca di più. Non dimenticherò mai la mia prima calçotada perché tornai a casa con i capelli impregnati di fumo ed i vestiti sporchi, ma anche molto felice perché mi ero divertita e avevo conosciuto tanta gente. Fui invitata da un gruppo di amici in un ristorante rurale catalano.
Quel giorno c’era una lunga e vivace tavolata. C’erano catalani, italiani, gente di tutta Europa e persone provenienti dall’America Latina. Qui quando si esce è così; rappresentiamo tante nazioni, si contano almeno almeno quattro o cinque lingue diverse e ti sembra di far parte dell’ONU.
Di tanto in tanto a Barcellona viene allestita una “calçotada popular del barri” (calçotada popolare del quartiere). Ognuno mette una quota, si allestisce un lungo tavolo in strada e si mangiano i calçots. Infatti ogni quartiere della città ha le dimensioni e i connotati di un paesino. Questo è molto bello se ti piace la città e se allo stesso tempo ti manca l’atmosfera un po’ campagnola della tua cittadina d’origine.
Io sono una donna del Mezzogiorno d’Italia e le lunghe tavolate in campagna sono parte di me. Ma il Sud Italia mi è sempre stato stretto perché ho una mente inquieta e ho bisogno delle grandi città.
A Barcellona ho trovato la città e il paese nello stesso posto e questo per me è impagabile.
Chi sono
2 Commenti
I tuoi articoli mi piacciono molto,peccato ce ne siano solo tre. Mi piacerebbe leggerne altri. Grazie e in bocca al lupo!
Grazie mille, Roberta, ne scriverò di più allora 🙂
A presto!