Da allora di terremoti ne abbiamo sentiti tanti altri e siamo più abituati: sappiamo meglio come comportarci, se ci sembra che il palazzo tremi controlliamo se le porte oscillano e se il lampadario pendente si sta muovendo. Abbiamo imparato che nel caso di terremoto non bisogna telefonare (per avere notizie, contattare famigliari) ma solo scrivere sms perché le linee telefoniche restino disponibili per i soccorsi. Abbiamo preparato uno zainetto di emergenza, che contiene le cose basiche da avere con sé nell’eventualità di dover lasciare la propria casa. A volte questo ci sembra un’esagerazione ma dopo il terremoto del 2010 ci hanno raccontato che la città è rimasta senza luce e acqua potabile per più di un mese e che i rifornimenti hanno tardato tanto a tornare alla normalità. Ecco perché può essere utile avere alcune cose con sé come copie dei documenti, acqua, alcune cose da mangiare, kit di pronto soccorso, soldi in contanti, pila.
Sappiamo anche che quasi tutti gli edifici sono antisismici e che ovunque si è preparati per l’emergenza terremoti: per esempio in Università le “zone sicure” sono ben indicate, all’asilo di nostra figlia ci sono grandi pulsanti di emergenza in tutte le classi, fanno delle simulazioni per prepararsi all’evacuazione e hanno tutta una procedura da seguire in caso di terremoto, come ci hanno raccontato all prima riunione. Siccome quasi tutti i terremoti generano un rischio di tsunami, sulla costa ci sono ovunque i cartelli che indicano la direzione sicura da prendere in caso di allerta tsunami e ci sono sirene che suonano per avvertire se è necessario evacuare la zona. La regola è “Se sei sulla spiaggia e senti un terremoto che dura più di 10 secondi e non riesci a stare in piedi, allontanati il più in fretta possibile dal mare e raggiungi una località a 30 metri di altezza sul livello del mare”.