Durante i miei viaggi in Africa settentrionale, in Vicino Oriente e in Estremo Oriente, ho sempre comprato pochi oggetti come ricordo delle mie avventure.
Questo, sia per non seppellirmi di soprammobili che in poco tempo sarebbero diventati inutili raccogli polvere, sia per mantenere il focus su quelli che veramente desideravo.
Infatti, tutti i tesori dei miei viaggi conservano ben vive le loro storie e mantengono intrinseche le emozioni, oltre che i bellissimi ricordi.
Per esempio, a Esfahan, in Iran, dove per la precisione ho lasciato il mio cuore, correvo di negozio in negozio in Piazza Imam Khomeini: una delle piazze più grandi del mondo, dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità nel 1979 e, ufficialmente, chiamata Meydān Naqsh-e Jahān o Piazza Metà del Mondo oltre che, in passato, Meydān-e Shāh o Piazza dello Scià.
Lì, ho comprato una Miniatura dipinta su un ampio osso di cammello e sistemata in una bellissima cornice di legno, anch’essa lavorata con una pregiata, antica tecnica di intarsio persiana, chiamata Khatam.
Scelsi quel particolare artista miniaturista e la sua scena di vita quotidiana nell’antica Persia, per la bellezza del suo stile.
E mercanteggiavo, concentrata con i negozianti iraniani, sia il pezzo d’arte sia i prezzi, sorprendendoli per la mia tenacia fra stupore e divertimento, mentre aspettavo che il mio tappeto volante venisse a riprendermi.
Ancora, sempre in Iran, ma anche in India e in Nepal nella Valle di Kathmandu, ho allargato la mia collezione di blocchi di legno incisi a mano per la Stampa su Tela.
In Italia, nell’area compresa fra Cervia e Rimini fino all’entroterra di Gambettola, esiste la stessa tradizione.
Gli artigiani realizzano a mano quei legni e con le stesse tecniche stampano tovaglie e strofinacci.
I disegni, però, sono della tradizione locale romagnola.
Io, che provengo da quella terra, ne sono affascinata e, suppongo che, come la Piadina, anche la Stampa su Tela provenga dal lungo viaggio Indo-Europeo, che ha toccato l’antica Via della Seta e ha attraversato il Mediterraneo fino a noi.
Con mia sorpresa, dopo quasi sei anni vissuti a Singapore, fino a pochi mesi fa non avevo ancora trovato un tesoro che mi avesse catturato al punto da desiderare di portarlo a casa.
Ma non essendo io capace di comprare giusto per comprare, ho sempre tralasciato, fino a quando mi è presa una strana ansia.
Il pensiero cioè che potrei non rimanere qui per sempre e, dunque, il voler trovare un ricordo importante di questa esperienza di vita. Ma come?
Io cerco sempre un tesoro vero, quello che mi rapisce inondandomi di stupore!
Lo scorso novembre sono giunti in visita a Singapore dei cari amici, anche loro espatriati da una vita, e felicemente pensionati fra Kuala Lumpur e Ravenna.
Ci siamo incontrati tanti anni fa, quando abitavamo e lavoravamo a Dubai. Poi, loro lasciarono l’avventura araba per Shangai, mentre noi per Singapore, ritrovandoci sempre, in Romagna almeno una volta l’anno o da qualche parte nel mondo.
Qui a Singapore, furono proprio i nostri amici, in quei giorni, a insistere per visitare alcuni negozi di antiquariato, perché anche loro ne erano molto appassionati.
Ho espresso così i miei pensieri, anche scettici, su cosa avremmo trovato in città, confidando il mio desiderio di trovare un tesoro originale di cui, in quel momento, sentivo come un richiamo, pur non essendo disposta a compromessi consolatori.
Entrati nell’ennesimo negozio, ci siamo divisi, tutti in contemplazione dei vari oggetti esposti.
Passandomi vicino, il mio amico mi disse, in tono pacato ma deciso: “Devi cercare l’amore a prima vista, non devi studiare troppo. Quello sarà il tesoro che comprerai, l’amore a prima vista…”
Non scostai nemmeno la testa per guardarlo, tanto dura e distante mi ero sentita all’ascolto di quelle parole.
Non credevo nell’amore a prima vista, o meglio, ho sempre creduto che fosse veramente raro e perciò impossibile da trovare, specialmente in quel preciso momento.
Mi ero innervosita e volevo andare via quando, girato l’angolo di un mobile nel negozio, ho incrociato lo sguardo con quello di una statua di bronzo, un Budda in Bhumisparsha Mudra, ovvero seduto a gambe incrociate con una mano il cui palmo guarda verso l’alto, mentre le dita dell’altra toccano la terra.
I suoi occhi in porcellana bianca mi hanno folgorato e ho vissuto come un’onda di energia, da lui lanciatami, che mi ha scostato fisicamente, lasciandomi per un attimo esterrefatta!
Mi sono ripresa subito e, più dura e scettica che mai, ho osato dirgli: “Mi stai prendendo in giro? Non pretenderai mica che io creda a queste cose!”
E ho distolto lo sguardo dai suoi occhi per re-incrociarli poco dopo, perché volevo dimostrare che erano tutte fesserie quegli avvenimenti. E invece, egli mi ha colpito ancora, con la stessa intensità.
Cocciuta, io non ho ceduto ancora. E, avvicinandomi, ho continuato a dirgli con lo stesso tono: “Fatti vedere bene! Fammi capire cosa dovrebbe attrarmi di te!”
Ma una volta scrutato il suo viso, ho ceduto e mi son perduta nella sua bellezza.
Nonostante ciò, ho continuato a lottare: ho studiato tutto il negozio; son rientrata a casa e ho studiato online; ho condiviso le mie perplessità e poi son tornata da lui, dal mio piccolo Budda, perché di un giovane Budda si trattava.
Il Buddha seduto in Bhumisparsha Mudra o Budda che tocca la terra, del 19° secolo, era originario dell’area della città Mandalay, antica capitale del regno della Birmania o Myanmar.
In quella posizione Budda ha trovato l’illuminazione.
Essa calma la mente e, molto importante, aiuta a trasformare la rabbia in saggezza.
I suoi lineamenti erano diversi da qualsiasi altro mai visto, persino da altre statue simili, di medesima fattura, provenienza e periodo storico.
Non so descrivere cosa veramente abbia fatto breccia nel mio cuore.
Mi hanno affascinato la sua bellezza, i suoi significati intrinsechi e il nostro inaspettato incontro, così vivo nell’energia che lui mi ha trasmesso.
E ora, alzo lo sguardo e lui è lì, che mi osserva mentre scrivo, immersa nel mio silenzio, e vivo gratitudine per la sua presenza, pace e per la felicità che mi dona.
Si dice che: “Lo splendore di Mandalay non si lascia guardare senza imprimere un segno nel cuore”.
Effettivamente, il mio Mandalay Buddha mi ha segnato per sempre.
Grazie mio piccolo Budda e grazie mia piccola Singapore, luogo di mondi e di incontri d’amore.
Chi sono
4 Commenti
Sei formidabile perché trasmetti i tuoi sentimenti e in questo racconto penso di identificarmi…..anche io avrei tentato di resistere al primo sguardo…ma poi scatta quel certo non so che è …e torni indietro sapendo di non potere farne a meno
Che meraviglia! Grazie Marilena! Mi fa un grande piacere che nel racconto tu ti sia identificata! Ed è proprio come dici anche tu: “…e torni indietro sapendo di non potere farne a meno”. Esperienze stupende. Un grande abbraccio. Catia Singapore
Magica la lettura di questo brano. E magici l’incontro prima e la presenza adesso nella tua quotidianità, di questo giovane Buddha. Felicitazioni per aver scovato il tuo tesoro nascosto a Singapore che sembrava attendere un’anima curiosa ma mai disattenta come è la tua bella, Catia!!!
Complimenti per l’accuratezza dei dettagli storici e culturali con cui rendi e documenti il contesto delle tue scoperte. Sempre più brava!
Con affetto,
Katia
Grazie cara Katia!
Sei sempre generosa.
I tuoi commenti e complimenti sono preziosi per me.
Ti abbraccio forte.
Con affetto,
Catia Singapore