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Viaggiare? Lo odio.

di Elena Londra UK
Viaggiare non mi piace per niente, nonostante i paesaggi tropicali

Viaggiare è stressante, soprattutto prendere l'aereo.

Questa affermazione può sembrare strano detta da una expat che ha perso il conto degli aerei presi per tornare dalla famiglia, per lavoro e per vacanza.

Forse dire che odio viaggiare é un po’ forte, sicuramente provo una grande insofferenza. Vediamo il perché.

Viaggiare con le nostre mille valigie: che stress!

Quante valigie!

Viaggiare per tornare dalla famiglia é sempre stata un’impresa: date “obbligate”, come Natale o Pasqua, quando si sposta tutto il mondo, o le vacanze scolastiche, periodo in cui i biglietti aerei costano una fortuna se non prenotati mesi prima. Spostarsi nei periodi di “punta” vuol dire fare i conti con la folla, le file, le lungaggini all’imbarco e allo sbarco, lo stress dei figli piccoli che scappano ovunque o, quando più grandi, che si lamentano peggio di me! I primi anni, quando loro erano piccoli, mi portavo la casa! Una valigia a testa, più zaini e borse. Era un’impresa caricarle nella macchina di mio papà, e poi metà di quanto portavamo non veniva nemmeno usata! E per evitare di portare anche il passeggino, i miei genitori ne comprarono uno. Il bagaglio si é alleggerito nel corso degli anni, anche “grazie” ai costi extra imposti dalle compagnie aeree.

Viaggiare per lavoro ha i suoi pro: ecco la mia stanza d'albergo a Torino.

Il mio albergo a Torino

Viaggiare per lavoro é, tutto sommato, semplice.

Il costo é sostenuto dalla compagnia, la destinazione é “obbligata”, le date flessibili e, soprattutto, i figli rimangono a casa. Negli ultimi anni sono partita pochissimo, ma c’é stato un quinquennio durante il quale ero in Italia, a Torino, una volta al mese per una settimana. In un certo senso era una mini vacanza: albergo di lusso con trattamento di favore, colleghi simpatici, nessun impegno genitoriale se non la telefonata della sera. In realtà poi c’era lo stress delle varie ragazze alla pari che non riuscivano a gestire i figli, ancora piccoli, in mia assenza ma ce l’abbiamo fatta.

Altri viaggi sono stati più stressanti, soprattutto quando la compagnia era meno “generosa”.

Ricordo in particolare uno a Utrech, in Olanda, aereoporto di Amsterdam che, per chi non lo conosce, é una piazza d’armi! Viaggio con una collega. Partiamo con buon anticipo da Utrecht: invece del treno, ci portano in macchina. Tra pioggia e lavori in corso, arriviamo in aereoporto in super ritardo e io perdo il volo. Ce n’é uno successivo che devo però pagare e la carta di credito non é nemmeno intestata a me, bensì alla mia responsabile. Ho il PIN ma no, mi chiedono di firmare la transazione! Per fortuna la mia pessima imitazione non fu contestata!

Viaggiare per vacanza… uno stress!

A cominciare dalla scelta delle date, per necessità durante le vacanze scolastiche, da prenotare mesi prima per approfittare dei prezzi bassi. Ma per quali date? E se poi salta fuori un impegno, soprattutto con il calcio di mio figlio? E poi, quale destinazione? Io vorrei un posto dove ci sia sole e mare ma poi i ragazzi si annoiano se non hanno niente da fare…! C’é da scegliere cosa mettere in valigia (un’impresa per chi come me si veste in base all’umore del giorno!), lasciare la casa in ordine, trovare un cat sitter che si prenda cura della creatura pelosa, arrivare all’aeroporto in orario… Anni fa, andammo in vacanza in Grecia. Avevo calcolato male i tempi quindi arrivammo all’aereoporto di Stansted con il tempo contato. Al controllo bagaglio mi bloccano la borsa; ovviamente c’era la fila. Mando i figli avanti, per acquistare acqua e snacks, e intanto il tempo passa. Finalmente arriva il mio turno, avevo lasciato dentro il mascara! Corriamo come fulmini, mando avanti mio figlio a dire che stiamo arrivando ma… arrivati al gate, era già chiuso! E nonostante l’aereo fosse ancora lì, e ci fossero altre persone a terra, si rifiutarono di farci salire; per fortuna riuscii a trovare un volo il giorno successivo a un prezzo “ragionevole”. Lesson learnt!

La piovra: mio figlio detesta viaggiare in aereo

La piovra… e non siamo ancora in volo!

Viaggiare con i figli rimane un’impresa nonostante lo faccia da sempre.

Anni fa, le compagnie aeree davano la precedenza d’imbarco gratuita a chi aveva bambini piccoli, un grosso aiuto. Poi lo limitarono ai cinque anni di età finché poi venne introdotto il priority boarding (che io pago regolarmente, anche ora). Mia figlia ha sempre amato prendere l’aereo: al primo viaggio aveva solo tre mesi. Andavamo a trovare i miei che si trovavano a Loano; non sapevo che l’aereoporto di Genova fosse vicino al mare (che ignorante!) e quindi quando l’aereo cominciò la discesa, mi preoccupai e allo stesso tempo pensai, almeno moriamo tutti insieme (c’era anche il mio ex marito)! Tutt’ora lei viaggia volentieri.

Mio figlio é un’altra storia. La sua prima volta fu a nove mesi, e per i primi anni fu entusiasta, volendo sempre essere seduto vicino al finestrino. Poi, non so perché, ha cominciato a avere paura dell’aereo. Dal momento in cui sa che dobbiamo partire comincia a dire che non vuole non possiamo andare in macchina o altro. Una volta sull’aereo, sedile regolarmente in mezzo, mi si attacca tipo piovra e esordisce dicendo che l’aereo cadrà, il che inevitabilmente suscita sguardi poco amichevoli da parte di chi l’ha sentito! Ogni minimo sobbalzo, poi, mi chiede: “Che cosa sta succedendo?”. Quando andammo in America non chiuse occhio per tutto il volo, per fortuna c’erano dei film da guardare. Ora, invece, per fortuna c’é lo smart phone sul quale si scarica i programmi che vuole vedere.

Prima di essere expat, il primo viaggio, per giunta da sola, fu a 16 anni.

Si trattava di una vacanza studio in Galles. L’aereo fece un pessimo atterraggio che avevo pensato fosse normale, finché sentii i commenti delle altre persone! Il primo intercontinentale fu negli States, in California, per andare a trovare i miei cugini americani. Perso il volo a Linate, arrivai in ritardo, e l’opportunità di volare con mio cugino, che lavorava come assistente di volo e si era fatto assegnare quel volo, mi misero su un volo che invece di essere un diretto per Los Angeles fece scalo a New York. A parte la fortissima turbolenza a circa due ore dall’arrivo, con un assistente di volo che per tranquillizzarmi mi disse che se l’aereo fosse caduto ero nel sedile più sicuro (non mi tranquillizzò per niente!)  arrivata a NY dovetti cambiare scalo.  Ricordo benissimo i cani dei poliziotti, e tentare di chiamare i miei cugini, senza sapere che il prefisso +1 é necessario anche per chiamare da uno stato americano a un altro!

Che bello andare in vacanza, pure se mi tocca viaggiare..

In vacanza!

L’ultimo viaggio in ordine temporale é di qualche settimana fa, una brevissima vacanza al mare, a Loano.

A parte la pessima organizzazione da parte mia, all’ultimo momento e destinazione scelta per “sbaglio”, il viaggio per la prima volta é andato bene. Casa pulita prima di partire e non il giorno stesso e bagagli limitati a un trolley e uno zaino a testa per non pagare il bagaglio in stiva. Il treno per l’aereoporto l’abbiamo preso in orario e sufficiente tempo all’aereoporto, anche grazie al fast track. Idem al ritorno. Certo, grazie alla tecnica dell’arrotolamento imparata su Google, sia io sia mio figlio abbiamo stipato il trolley di vestiti che poi non abbiamo messo, mentre mia figlia aveva una selezione di creme viso/corpo/capelli da counter di bellezza… Ciononostante credo di avere raggiunto  una svolta nel mio/nostro modo di viaggiare.

Insomma, ho concluso che allora: “viaggiare: forse ti odio di meno”.

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