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Quel giorno alla Pinacoteca di Brera

di Michela - Barcellona
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Quel giorno alla Pinacoteca di Brera

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Qualche giorno fa mi trovavo a Milano per un impegno di lavoro.

Venivo da un’isola ventosa ricca di vulcani e non avevo assolutamente voglia di andare in mezzo al cemento. Ma era inevitabile.

Dovevo andare a Milano. Ero stata fuori dall’Italia per cinque anni e mezzo, ed ero tornata perché mi mancavano delle persone e quel contatto umano tipico italiano. Ma non era mia intenzione restare.

Quando me ne andai anni fa ero arrabbiata, frustrata, delusa dal mio paese.

Solo perché non avevo gli agganci giusti non trovavo un lavoro decente, considerando che ho sempre voluto lavorare nel settore della cultura o nel sociale, ambiti per niente favoriti in Italia.

E così, nonostante un buonissimo cv decisi di scappare a gambe levate.

Da lì, iniziai un viaggio.

Una volta mi successe un evento strano, ero ancora troppo razionale per capirlo. Ero andata a trovare un mio amico che ha una libreria in centro a Roma; stavo aspettando che chiudesse per andare a prendere una cosa da bere con lui, ma stava tardando.

In libreria c’ero io ed un’altra ragazza ad aspettarlo che ad un certo punto mi chiese: “Vuoi che ti legga i tarocchi?”, ed io:” solo se son quelli di Marsiglia e la lettura è Jodoroskyana”, e lei mi disse:”ho esattamente quelli e sono stata formata da Jodorowsky per leggerli”. Ok”, risposi.

Mi disse che avrei intrapreso un viaggio, che dovevo liberarmi dalle certezze che avevo in quel momento per trovare la mia vera essenza e riallinearmi con la mia anima. Solo così sarei stata profondamente felice.

Tre anni dopo, partii. Era il 5 ottobre 2013.

Prima andai in California, tra i boschi, ed ebbi l’opportunità di fare il viaggio che desideravo da anni: un roadtrip per i parchi statunitensi in macchina. Conobbi la persona adatta in una fattoria californiana, in mezzo alle maestose sequoie.

Fu un viaggio indescrivibile, da film,  assolutamente divertente e tragicomico. Il migliore della mia vita e con la miglior compagnia.

Dopo di che, approdai a New York, dopo aver preso un treno che da San Francisco attraversava tutto il Paese in cinque giorni. Arrivata a Gotham City, avevo finito quasi tutti i soldi ed ero ospite da persone amiche. Il giorno stesso che arrivai, andai a fare un brunch nel Lower East Side con un’amica che volle fermarsi al mercatino di Natale di Union Square a vedere se c’era un suo caro amico a lavorare. C’era ed aveva appeso un cartello: ” Cercasi italiana per vendere gioielli Made in Italy”. Così,  mi proposi.

Il giorno dopo iniziai a lavorare. C’erano – 20 gradi, faceva un freddo cane ed il mercatino era all’aperto. Non avevo voglia di sprecare i soldi guadagnati, mentre mi congelavo, per dei banali vestiti invernali e, così, ogni settimana mi vestivo come l’amico o l’amica che mi ospitava, prendendo in prestito maglioni o pantaloni.

E’ stato davvero esilarante, ed ero vestita in modo ridicolo, ma vendevo tantissimo.

Pensai che con i soldi guadagnati potevo proseguire per il Messico e andare al calduccio. E così feci: il visto mi scadeva il 1 gennaio 2014 e andai ad una festa di Capodanno a Brooklyn con sotto il costume e una valigia per prendere il volo per Cancun alle 6 di mattina.

Alle 3 salutai tutti e andai all’aeroporto. Alle 9 ero a Cancun. Mi tolsi tutto e rimasi solo con costume, ciabatte, pantaloncini e una valigetta e raggiunsi la mia amica del roadtrip californiano che si trovava a La Isla de las Mujeres. Da lì andammo poi nello Yucatan.

Rimasi qualche mese a Tulum. Poi, per questioni logistiche dovetti tornare a Roma.

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Risolte tali questioni andai a vivere qualche mese a Lanzarote, dove mi rifugiai tra i vulcani, l’oceano e la lava. Avevo 200 euro sul conto. Iniziai a lavorare in un ristorante la domenica e durante la settimana in una scuola di surf dove affittavo tavole senza aver mai surfato. Non avevo la macchina, andavo al lavoro in autostop e affittavo tantissime tavole. Andava tutto bene. Poi, per questioni familiari, dovetti tornare in Italia e li inizió ad incriccarsi tutto.

Scappai di nuovo e decisi di trasferirmi a Barcellona perché, sulla carta, aveva tutto quello di cui avevo bisogno.

Caricai la città di tante aspettative che alla fine furono anni duri, tosti, difficili ed era evidente che un po’ per mia attitudine e un po’ per la cittá in se’, il nostro rapporto non stava funzionando. E anche se avevo un lavoro e una casina in affitto, decisi di lasciare tutto di nuovo. Non sapevo dove andare. Ero stanca di tentare il trasferimento, a 41 anni non mi andava piú di ritrovare qualcosa di familiare e rifarmi amici, implicando quindi un livello di socialità che non avevo assolutamente voglia di assecondare.

E così tornai nei posti del cuore, città ed isole, per farmi coccolare dalla natura o dalle persone a me care. Non avevo idea di dove sarei andata a finire. Avevo lavorato tanto su me stessa in quegli anni, ero stata molto sola e all’inizio fu molto duro per me che son sempre stata un’amicona.

Ma, poi, utilizzai quel tempo per capire questioni molto delicate che non avevo mai affrontato – sempre perché troppo razionale- e le scansavo con presunzione. La “casualità’” degli eventi mi portó a Barcellona, città che mi fece stare molto sola ma che mi diede le persone perfette per crescere e capire. Da lí iniziai un percorso personale intenso ed enormemente interessante che aveva lo scopo di cambiare i miei modi automatici di pensare e reagire e capire da dove venivano e perché era cosí difficile sradicarli dalla mia mente.

Allenai il cervello per pensare positivo, a non farmi dominare dalla emozioni, ma a riconoscerle e a stare in pace. A non giudicare e a perdonare. A fidarmi e a ringraziare. Nel corso di tali avventure mi ero resa conto che quando forzavo gli eventi o già li avevo immaginati nella mia testa per via di un controllo inconscio, non lasciavo spazio alle sorprese della vita e non mi arrivava niente di quello che desideravo e, quando, invece, mi lasciavo andare, senza mantenere il controllo e senza forzare, l’universo mi regalava su un piatto d’argento ciò di cui avevo bisogno.

Ero felice, ma c’era ancora un ultimo tassello da risolvere: dovevo fare pace col mio Paese che tanto avevo odiato poiché ingiusto, classista, mafioso e privilegiato. E così capitai un giorno alla Pinacoteca di Brera, ero a Milano per poco tempo ed un mio caro amico mi disse:” valla a visitare assolutamente”, e così feci.

Appena entrai rimasi, credo, venti minuti ad ammirare la statua del Canova che rappresentava Napoleone, feci amicizia con un signore molto gentile che lavorava lì che mi spiegò che il museo era stato da poco restaurato e proseguii la visita.

Stetti dentro circa 5 ore. C’erano opere che avevo studiato da piccola, mi accollai ad una scolaresca che stava studiando ‘La teatralità nell’arte’, e mi commuovevano i commenti degli studenti, così perspicaci, cosí profondi, che sembrava avessero capito l’animo umano già a 14 anni. Quando arrivammo davanti al dipinto del Cristo del Mantegna, non potei trattenere le lacrime. Non solo piangevo per l’opera in sé che era stupenda, ma perché dentro di me scattarono mille tipi di emozioni tutte insieme e capii quanto fossi stata fortunata a nascere in Italia, in un Paese con tanta cultura, dove sono nati i più grandi studiosi di tutti i tempi, dove dominava la bellezza e dove le persone erano calorose e sempre pronte a darti una mano.

Mi ricordavo solo del lato negativo, che ovviamente continua ad esserci, ma per la prima volta dopo tanto tempo, sono riuscita a farci pace.

Confrontandomi con vari amici italiani che vivono all’estero e che son andati via dall’Italia non per una serena scelta, ma per una cronica frustrazione, mi ero resa conto che tendevamo a parlare male del nostro Paese di origine più di quanto fosse davvero necessario.

Credo fosse naturale ed istintivo: un po’ come quando ti lasci e soffri e inizi a parlar male del tuo o della tua ex, per autoconvincerti che è stato meglio lasciarsi, che tanto era tutto uno schifo ed era meglio che ci fossimo separati.

Ed è questo quello che mi capitava con tali persone e soprattutto con me stessa: rinnegavo e andavo contro le mie origini perché avevo sofferto troppo ad andarmene, perché in realtà non lo volevo veramente, ma me come tanti altri, ci siamo sentiti costretti perché non sopportavamo la frustrazione lavorativa.

All’estero siamo stati troppo occupati a diventare qualcun altro, a rifarci una vita e a trovare uno spazio di equità che non abbiamo trovato da dove veniamo. Ci si dimentica della bellezza e della cultura italiana, volontariamente o inconsciamente.

Ma è da qui che veniamo ed è il Paese più bello del mondo, ma anche il più contraddittorio, difficile, ingiusto della vecchia Europa, è vero ed è dura che cambi nel breve periodo, ma rendiamoci conto che siamo fortunati ad essere nati qui e che ovunque andremo, nessun posto sarà perfetto.

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4 Commenti

Silvia 22/04/2019 - 12:22

Ciao Michela,

questo tuo post mi ha “illuminata”. Mi hai aiutato a rendermi conto del fatto che anche io, come te, ho un controllo inconscio della mia mente che non mi permette di godere appieno i momenti della vita e lasciarmi andare come vorrei e come dovrei. Ed è davvero brutto questo status perché spesso non ci permette di essere noi stessi e di abbandonarci al flusso delle emozioni, gustandoci la vita. Mi piacerebbe sapere come sei riuscita ad abbattere questo ostacolo… Io sono anni che ci provo, e anni che non ci riesco! Credo di sbagliare qualcosa… è vero anche che dipende poi molto dalle persone che mi ritrovo davanti.

E si, ti do ragione: l’Italia è il posto più bello del mondo! La lontananza e il distacco ci hanno permesso di vederlo con occhi diversi, sotto un’altra luce e con un briciolo di obiettività in più. L’Italia è un grande Paese ma la sua gente, spesso, non lo è: c’è tanto lavoro da fare e tante mentalità da cambiare.

Alla Pinacoteca non sono mai riuscita a metter piede, nonostante abbia vissuto per qualche anno in zona, ma rientra tra le cose da fare, prima o poi. infatti li c’è il mio quadro preferito!

Un caro saluto,
Silvia, Aix-en-Provence

P.S. Ho sbirciato la tua bio e siamo (quasi) colleghe! 🙂 che bello!!!

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Michela - Barcellona 23/04/2019 - 18:18

Cara Silvia,
prima di tutto ti ringrazio moltissimo.
Leggere da una tua lettrice che ti ho “illuminata” a capire delle cose, e’ la miglior conquista che una autrice possa mai ricevere. Grazie davvero!
Venendo a noi, io pensavo di essere una tipa “sciolta” perche’ mi son sempre lasciata andare…pensavo..ma poi mi son resa conto che invece avevo gia’ in testa sempre un piano di come dovevano andare le cose e questo mi impediva di seguire il flusso della vita o di prendere decisioni rispetto ad altre. Forse perche’ seguire il flusso implica un non controllare. Come ho superato questo ostacolo? quando mi son resa conto che nonostante tutti gli sforzi che facevo e tutte le volte che ho avuto la forza di ricominciare, non ottenevo i risultati sperati e che , al contrario, ogni qual volta mi lasciavo andare e non pensavo, mi arrivava tutto. E’ stata una constatazione che mi fatto fare il “click” e poi ho dovuto allenare il cervello a non pianificare sempre tutto da qua all’infinito. Come ho fatto? tanto lavoro su di me, aiutata da persone stupende, terapeuti alternativi e tantissimi libri, partendo da Qui ed Ora. Imparare a ragionare come i nostri amici orientali e cambiare il chip di una mentalita’ occidentale e controllatrice. Per cui anche con la meditazione, lo yoga per essere cosciente nel momento presente. Imparare a connettersi col proprio se’ e capire cosa realmente voglio e perche’ non lo ottengo ed in base a cio’, cambiare attitudine e vivere il presente. Con cio’ non significa che ora la mia vita e’ perfetta, anzi, son tornata in Italia e ci ho fatto pace ma non fa piu’ per me e non so bene come muovermi. Ma non mi angoscio, sicuramente l’universo mi indichera’ il cammino, basta solamente aprirmi a tutte le possibilita’.

Un abbraccio enorme
( PS: siamo colleghe? 🙂 )

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Silvia 23/04/2019 - 19:26

Allora sono sulla strada giusta: sto leggendo i giusti libri e mi sto avvicinando allo yoga. Ho riscoperto il piacere della lettura e conosciuto il fascino del pensiero orientale incentrato sul qui ed ora e su noi stessi, la nostra essenza. é di grande aiuto, oltre che essere un’immensa fonte di ispirazione e supporto morale nella vita quotidiana!
Però nel mio caso entra in gioco la componente caratteriale, la timidezza e la riservatezza, quelle fregano sempre…

Vedo dalla bio che hai lavorato come cooperante con l’ONU&co, almeno per un periodo.. Io sto ancora studiando ma è quella la strada verso cui tenderò. 😉

Un abbraccio,
Silvia, Aix-en-Pce

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Michela - Barcellona 23/04/2019 - 21:50

Ciao Silvia,
ogni persona ha un percorso differente…l’unica cosa che posso dirti e’ di lavorare su te stessa, abbattere le paure e credere in te! lavorare sulla tua autostima e vedrai che andrai come un treno!

In bocca al lupo per il tuo percorso lavorativo e per tutto il resto!

Michela 🙂

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