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Com’è la vita all’estero nei “paesini”?

di Katia
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Com’è la vita all’estero nei “paesini”?

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Testimonianza inviataci da Valentina – Svezia

Non e’ stata una scelta fuori dal comune la mia. Dopo sei mesi di erasmus in Spagna e sei mesi di tesi in Svezia, l’idea di tornare a casa non mi convinceva.

Quindi eccola: azienda multinazionale di imballaggi in metallo e vetro con impianti in ventidue paesi diversi.

Promettono di darmi due anni di lavoro composto da quattro esperienze in quattro nazioni, una in Italia e le altre in tre paesi europei a sorpresa, corsi di formazione, e un budget da usare in voli per tornare a casa.

E ai tempi ho pure esitato a firmare. Perché?

Dettaglio: gli impianti di produzione di questa azienda non sono in centro citta’, non in periferia, non in provincia, sono letteralmente in campagna.

Vicino a quei piccoli centri urbani che nel parlato chiamiamo: paesini. Quelli che, quando li nomini, la gente aggrotta la fronte e non reagisce finché non dici il nome della città più vicina.

Lo so, perché sono una persona di paese anche io: di Blevio (…) vicino a Como (…) vicino a Milano (aaah!).

Normalmente, le persone che vanno all’estero scappano dai paesini per vivere a Londra, Parigi, Monaco, Barcellona. E io?

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Li ho fatti tutti questi due anni: lontano dalla globalizzazione e melting pot delle grandi città, ho avuto modo di mettermi nei panni di ogni cultura locale. Provando ben quattro stili di vita diversi.

Sono andata al lavoro in macchina: sette minuti in Italia, quaranta in Germania.

Ogni mattina in bici abbracciando lo stile olandese, e in bus attraversando le foreste svedesi per essere in ufficio alle 7:30.

Ho mangiato erbazzone e pasta fresca in Emilia, imparato a cucinare con la soja e con lo zenzero ad Hannover, riscoperto il piacere del mercato del sabato grazie a Tilburg e del salmone marinato a Borås.

Ho parlato con manager in jeans che un tempo usavano la tuta da lavoro. Grande esperienza ma anche grande umiltà. Le persone da cui mi piace imparare.

Ho avuto meeting internazionali ad Amsterdam, Dublino e Cracovia. Ma ho anche frequentato corsi di formazione a Katy in Polonia, o a Barnsley in Inghilterra.

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Ho riso spesso.

Quando la mia vicina di scrivania emiliana giù in produzione mi passava i biscotti di nascosto.

O quando il mio supervisore, per superare la barriera linguistica, si e’ messo a imitare gli operatori che spalavano sabbia, facendomi capire che dovevamo ridurre gli sprechi di materia prima sul nastro trasportatore.

O quando l’orgoglioso capo elettricista mi ha fatto vedere tutte tutte le cabine elettriche dell’impianto.

E quando la manager saltellante della fornace e’ venuta in mio soccorso, sussurrandomi all’orecchio con forte accento tedesco: “he is a bit wierd”. Yeah, only him. Mi son sentita un pesce fuor d’acqua.

Quando una collega italiana mi ha detto che uno che abitava nel mio stesso palazzo preferiva non salutarmi, perché la vicina anziana del pianerottolo di fronte poteva mettere in giro voci.

O quando il mio capo olandese mi ha preso in giro perché, in viaggio per lavoro, aveva trovato strano che una volta presa la mia valigia in aereoporto mi fossi fermata ad aspettare che anche lui avesse la sua, invece di raggiungere il taxi da sola.

O quando ho detto al mio capo svedese, con vent’anni di esperienza, ”questo alla fine e’ il mio primo lavoro” e lui mi ha risposto ridendo “sì, anche il mio!”.

Ho visto TANTE vite, luoghi, stili, usanze, metodi lavorativi, pregi e difetti.

Colleghi, amici locali e coinquilini mi hanno trasmesso la passione per il lavoro, la praticità, l’importanza non solo del tempo in ufficio ma anche del tempo fuori e per se stessi.

Ho capito che senza nuovi amici non si va da nessuna parte, che avere l’aeroporto vicino alla fine e’ troppo importante, che andare al mercato fa magicamente sentire a casa, che partecipare attivamente a iniziative locali aiuta tantissimo ad apprezzare dove sei, e che ogni paese ha le sue sfumature e bisogna darsi il tempo necessario per coglierle.

I paesini mi hanno fatta sospirare a volte ma mi hanno anche trasmesso tanta umanità e tanta presa sulla realtà, che forse nelle grandi città non sarei riuscita ad afferrare.

Insomma, grazie paesini.

So che un po’ mi mancherete, ma ora ho una gran voglia di città . Penso che ci ricontreremo più avanti…magari durante la mia crisi di mezz’età di ritorno alla campagna.

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