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Hey, vado a vivere in America

di Lisa Panzeri
viaggio-america-san-francisco

viaggio-america-san-franciscoAvete mai provato a dire a qualcuno di volervi trasferire all’estero?

Questa domanda genera sempre una serie di risposte contrastanti.

C’è chi ti risponde “Sei impazzito?! Mollare tutto per cosa?” ma, in fondo, una parte di loro è invidiosa del coraggio di chi lo ha fatto per davvero.

Oppure ci sono i positivi all’avventura, sempre pronti a sostenerti: sono quelli del “Mi organizzo con le ferie e vengo a trovarti”!

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Avete mai pensato a mettere tutto in valigia per trasferirvi negli Stati Uniti?

“Hey, vado a vivere in America.”

Suonerebbe più o meno così.

Ma avete mai provato a farlo davvero? Come prima cosa, dovrete addentrarvi in una giungla chiamata state.gov. Cos’è? La pagina del governo americano che racchiude l’elenco dei visti per poter accedere negli USA. Meglio conosciuta come l’incubo in righe di tutti gli aspiranti italo-americani. Cosa si capisce, leggendo? Che ogni visto corrisponde ad uno specifico “vado lì per…” in base a cosa vuoi fare. Apparentemente facile. Finché, passando al gradino successivo, non ci si rende conto che i requisiti per ottenerne uno sono tutt’altro che semplici da dimostrare.

Quando dici a qualcuno di volerti trasferire in America, questa affermazione genera, a sua volta, altre risposte ancora più complesse.

Si va dal tragico “Impossibile” allo scettico “Bah, se ci riesci dimmi come hai fatto”, al “Wow, figo!” di chi ne sa poco o nulla.

lonely-planet-guida-america-visto-passaportoCollezioni una lunga lista di persone (o almeno così è capitato a me) che dicono che sei al limite del non fattibile, che le chances di trovare una borsa di studio sono pressoché nulle, che i costi dell’immigrazione sono esorbitanti per cui non troverai mai un datore di lavoro che ti faccia da sponsor, che anche se lo trovi dovrai vedertela con quelli dell’Ambasciata per dimostrare che tu sei meglio di tutti i possibili candidati americani.

Sì perché, secondo la logica dell’immigrazione americana, non puoi richiedere un visto di lavoro se ciò che andrai a fare lo potrebbe fare un qualsiasi cittadino americano allo stesso modo.

Così, cominci a passare le ore davanti allo schermo di un pc, leggendo le storie di chi ce l’ha fatta e vuole darti consigli.

Guardi il tuo CV con aria scettica chiedendoti perché proprio tu potresti farcela, laddove molti non sono riusciti.

Ti fai un’idea più precisa di cosa può esserne di te, cosa sai fare, cosa vorrai fare una volta arrivata lì e cosa di te potrà essere appetibile per un paese che ti accoglie con lo slogan “Sei tu contro il mondo”.

Inizi a spulciare i siti del governo e dell’immigrazione, i blog e le agenzie, leggendo una lista infinita di informazioni che spesso sfuggono e si contraddicono tra loro.

Diventa una lotta personale tra te, la lingua inglese e internet. Inizi a realizzare qual è il meccanismo secondo cui, dietro a ogni informazione, ci possa essere una strada, lottando contro documenti e una burocrazia che non è la tua.

Stando alle voci che hai intorno, non hai nessun motivo per cui continuare, ma mille per cui dovresti smettere.

Eppure ci deve essere una strada. C’è sempre una strada…

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San Francisco – California

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1 Commento

SERENELLA MELE 11/02/2017 - 13:08

Si, ci ho provato, è andata parzialmente bene ed intendo riprovare! Grazie ad un’amica, una santa…che ho proclamato mia complice, riesco a fare tutte le cose per bene online, e vado a Roma per il colloquio in Ambasciata. Ma non ho un contratto di lavoro, solo una bellissima lettera di referenze dell’Unicef (sono volontaria) e considerato che voglio imparare bene l’inglese e qualcuno mi ospiterà, ottengo il visto turistico per 6 mesi.
Ci voglio riprovare, vivo con gli USA nel cuore e nei pensieri, mi preparo, studio, prego. Perchè no? Testarda ed incosciente..sono una persona tenace, onesta. Prima o poi…

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