A inizio Febbraio la coinquilina tedesca mi ha proposto di passare i giorni precedenti la Pasqua sulla costa del Mar Baltico – Ostsee – e di visitare alcune piccole città nei dintorni. L’idea di viaggiare mi elettrizza sempre e avere una guida esperta disposta a portarmi in giro non può che essere un’ottima opportunità per mettere il naso fuori da Berlino.
Il tutto viene organizzato – da lei – con un anticipo e un’attenzione ai dettagli (come il numero esatto di km da percorrere, opportunamente studiato tramite Google Maps) che solo i tedeschi possono gestire.
(La mia incapacità nell’organizzare una cosa del genere con più di un mese di anticipo si evince fin da subito dalla mia risposta alla suaproposta: “Ah, ma Pasqua è a Marzo? Di solito non è ad Aprile?”).
Per noi è il primo “viaggio” insieme, la prima volta che passiamo più di tre ore consecutive in compagnia l’una dell’altra, nonostante viviamo insieme. Per me è la prima volta sul suolo tedesco al di fuori di Berlino, la prima volta che percorro la città e l’autostrada tedesca in macchina.
Partiamo con due piccoli bagagli, ritiriamo la macchina a noleggio. Lei perde portafogli e documenti all’autogrill e io mi trovo ad anticipare tutti i soldi necessari, ma va bene così.
Arrivate a destinazione dopo circa tre ore di viaggio, alloggiamo in una roulotte con bagno all’aperto nella proprietà di una sorridente donna tedesca dallo strano accento e di cui capisco a stento la metà dei discorsi.
Accanto al nostro alloggio ci sono cavalli, conigli, qualche pigro gatto e un immancabile cane allegro.
Uccelli curiosi di varia grandezza e colore volano nel cielo e il loro cinguettio, insieme ai versi degli animali, sono gli unici rumori che si sentono da quelle parti.
Finalmente vedo il mare e ne rimango sorpresa: nel mio pregiudizio da italiana lo immaginavo grigio, un po’ cupo, con una sabbia dal colore incerto. Invece l’acqua è azzurra e trasparente; quando c’è, la sabbia è molto chiara e fine, altrimenti si trovano sassolini piccoli e lucidi.
L’aria è pulita ma non ha quell’odore di estate che sono abituata a sentire in Italia quando sono al mare. Il colore blu e il movimento lento dell’acqua mi rilassano e ci sediamo sulla sabbia.
Ogni tanto chiacchieriamo, ridiamo, restiamo in silenzio. Principalmente osserviamo il mare e lasciamo andare tutti pensieri.
Intorno a noi ci sono persone che parlano, bevono, ridono. Bambini che giocano. Ma sono tutti molto composti e ordinati, non c’è confusione o rumore e mi ritrovo a pensare che è così che dovrebbe sempre essere il mare.
Per un’amante dei comfort poco avvezza alla vita di campagna come me, la scelta di passare qui e così il weekend precedente la Pasqua è stata sicuramente curiosa. Ma dopotutto l’idea di provare qualcosa di diverso dal solito non mi dispiace, anzi mi attira.
Già da prima di emigrare mi sono sempre sentita “poco italiana” e, tra le altre cose, non mi è mai piaciuto passare i giorni festivi a strafogarmi in quei pranzi infiniti con un migliaio di parenti di cui a malapena ricordo i nomi. Sono sempre stata allergica alle tradizioni e alle convenzioni e, da quando mi trovo all’estero, posso permettermi il lusso di vivere i giorni rossi sul calendario come fossero giorni normali.
Io e la mia coinquilina ci raccontiamo di come si passano le feste e i giorni in famiglia nei nostri rispettivi paesi e, mentre lei si mostra affascinata dalle nostre abitudini, io inevitabilmente apprezzo di più il loro “sistema”.
Come al solito.
Si susseguono giorni di pioggia, vento, sole, caldo.
Giriamo tanto in macchina, passeggiamo in varie piccole città di mare, facciamo un tour in barca, osserviamo case e palazzi, mangiamo cibi tipici – riuscendo a trovare anche alternative vegetariane per la sottoscritta – e le ore si scandiscono tra birre e caffè.
Sempre con il cappotto, a volte con gli occhiali da sole, nel verde o al mare, l’aria è sempre pulita e lo spirito è leggero.
Ogni volta che tocchiamo l’argomento, mi rendo conto di come lei cerchi di farmi notare tutti gli aspetti positivi dell’essere italiana e di come io invece mi esalti per la famosa indipendenza e riservatezza teutonica.
I miei tentativi di spiegare ai tedeschi i lati negativi della cultura e delle abitudini italiote si scontrano sempre con la visione romantica che loro inevitabilmente ne hanno tratto, non si sa come.
– è bello avere una grande famiglia composta da tante persone, no?
– Ehm… dipende.
– Passate sempre le feste tutti insieme!
– … appunto.
La sera dell’ultimo giorno ci fermiamo a guardare l’Osterfeuer, un grande fuoco che per tradizione viene appiccato nelle campagne tedesche e che resta acceso fino a tarda notte, per scacciare gli spiriti dell’inverno e accogliere la primavera.
Felici e rilassate ci prepariamo a fare ritorno a Berlino e, una volta caricata la macchina, ci fermiamo in un caffè per prendere uno di quei lunghi Schwarzer Kaffee nei grandi bicchieri zu mitnehmen da consumare pigramente durante il viaggio.
E mentre io mi cullo nei ricordi dei posti appena visitati e nelle riflessioni che hanno suscitato, ecco che la coinquilina tedesca con assoluta disinvoltura chiede al barista se alla cioccolata calda si possono mischiare due espresso.
Tutto in un unico grande bicchiere.
Torno violentemente alla realtà e sbatto ripetutamente le palpebre, chiedendomi ancora per qualche attimo se per caso ho capito male.
Ma, di fronte al sorriso di assenso del barista e alla prontezza con cui soddisfa l’ordine, ecco che il mio cuore sussulta.
Dopotutto sono pur sempre italiana…